Qualità vita nel percorso di cure oncologiche, al via telemonitoraggio narrativo

(Adnkronos) – Monitorare la qualità di vita nel percorso oncologico. È l’obiettivo di un progetto multicentrico di telemonitoraggio per misurare la tossicità emotiva delle terapie e raggiungere l’obiettivo sancito dal Piano nazionale della cronicità del 2016 di integrare il piano assistenziale con il progetto esistenziale: per la prima volta, l’ascolto e l’analisi dell’impatto delle terapie integra i Proms (Patient-Reported Outcomes Measures) con le metodologie narrative. Si chiama Pemoral – Percorso di Person Based Care (PbC) nella cura del tumore alla mammella in trattamento con terapie orali, e coinvolge 4 centri in zone diverse del territorio italiano: Fondazione Policlinico universitario Gemelli di Roma; Ospedale Sacro Cuore Don Calabria Irccs di Negrar di Valpolicella (Verona); Presidio ospedaliero Annunziata dell’azienda ospedaliera di Cosenza; ospedale Carlo Poma di Mantova. Il progetto – si legge in una nota – è realizzato con il contributo non condizionante di Novartis Farma Spa e il patrocinio di Simen Società italiana di medicina narrativa. 

Pemoral – riferisce la nota – è un percorso di medicina narrativa digitale, sviluppato dalla Pmi Innovativa Dnm Società Benefit Srl sulla piattaforma DnmLab, già utilizzata in vari studi condotti dal 2017 all’Ifo di Roma, con pazienti in trattamento radio e chemioterapico (Ameno e Amenart) e pazienti affetti da sarcoma (Amenas).  

“Curare la malattia e curare la persona che vive l’esperienza della malattia sono due cose ben diverse – spiega Stefania Polvani, presidente Simen – la medicina narrativa nasce proprio dal riconoscimento di un’esigenza comune tra i professionisti della salute e le persone che si trovano ad affrontare un’esperienza di malattia. Con l’empatia e con le abilità di comunicazione, che possono essere insegnate da esperti e quindi apprese da tutti i sanitari, è possibile migliorare entrambe le parti della relazione”. 

La coordinatrice del progetto Pemoral, la dottoressa Alessandra Fabi, della Fondazione Policlinico Gemelli, che ha promosso l’iniziativa, ricorda l’importanza della narrazione soggettiva della qualità di vita e dell’esperienza delle terapie e della malattia. “Con il diario narrativo digitale ho rivalutato il mio concetto di chemioterapia e della integrazione degli effetti legati alla tossicità nel vissuto di ciascuno – sottolinea Fabi – scoprendo una quotidianità spesso normale, ricca di attività anche ricreative. Ho compreso quanto la tossicità abbia un peso diverso in funzione della professione o attività specifica. I Proms fotografano un momento specifico, ma non ci dicono nulla sulla durata del sintomo e sull’impatto di quel sintomo sulla percezione soggettiva della qualità di vita”. 

Il progetto valorizza le tecnologie digitali – dettaglia la nota – con l’obiettivo di offrire uno strumento concreto per applicare le raccomandazioni delle Linee di indirizzo sulla medicina narrativa dell’Iss, secondo cui “la narrazione è lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura)”. La piattaforma DnmLab permette di raccogliere le narrazioni dei pazienti all’interno di un diario narrativo digitale, totalmente protetto dal punto di vista della privacy e della sicurezza dei dati sanitari. Attraverso il diario, le pazienti con tumore della mammella in trattamento con terapie orali, coinvolte nel progetto Pemoral, potranno narrare il proprio vissuto della malattia e del percorso di cura. 

Il percorso – conclude la nota – mira a integrare i dati quantitativi sulla tossicità attesa e rilevata delle terapie con i dati qualitativi relativi al vissuto della malattia della persona. Il percorso narrativo ambisce infatti a superare alcuni limiti delle rilevazioni quantitative standardizzate, per consentire una personalizzazione bio-psico-sociale del piano di cura. I questionari di qualità di vita aiutano a individuare i problemi, ma non rilevano le risorse positive che le persone sviluppano durante un percorso oncologico e che possono essere valorizzate dal team curante.  

(Adnkronos)