(Adnkronos) –
Nel 2020 in Italia le persone over 65 non autosufficienti erano 3.935.982, pari al 28,4% del totale. Tuttavia, nelle Rsa del Paese mancano all’appello il 21,7% degli infermieri, il 13% dei medici e il 10,8% degli operatori socio-sanitari (Oss). Tra le cause anche la competizione tra settore sanitario e sociosanitario: il 61,7% degli infermieri, infatti, ha lasciato le Rsa per nuovi contratti di lavoro nel comparto sanitario ospedaliero. Tutto ciò mette notevolmente a rischio la qualità del servizio assistenziale e la crescita del settore stesso. E’ quanto emerge dal 5° Rapporto Osservatorio Long Term Care Cergas Sda Bocconi – Essity, che quest’anno ha voluto fotografare la crisi del personale, mettendo in luce da una parte la carenza delle figure professionali, dall’altra come questa crisi si stia riflettendo sulle aziende e sui servizi senza che a livello normativo siano stati predisposti degli interventi risolutivi.
Secondo i dati del report, per il 91% delle Rsa intervistate la normativa regionale e gli standard ormai vetusti dei servizi sono percepiti come il più grande vincolo alla gestione del personale. Gli standard minimi stabiliti dalle norme, infatti, non sempre corrispondono a quanto sarebbe necessario in funzione delle caratteristiche effettive del servizio residenziale, chiamato a rispondere a bisogni dei residenti sempre più complessi e multi-dimensionali. Non solo: la crisi del personale impatta direttamente sulle aziende, come testimoniano i gestori delle Rsa partecipanti. Secondo il 90%, i costi del personale sono aumentati nel 2022, mentre il 74% dichiara che il burnout dei dipendenti è cresciuto e che la qualità dei servizi è peggiorata in virtù della carenza numerica. A complicare ulteriormente il quadro, il rapporto evidenzia come quando si parla di Long Term Care in Italia si faccia riferimento a una moltitudine di servizi assistenziali, anche molto diversi tra loro in termini di vocazione e modalità di funzionamento.
Il report – spiega una nota – ha messo a confronto il modello di residenzialità per anziani in 12 regioni italiane; ne è emersa un’estrema eterogeneità, che deriva principalmente dalla modalità con cui le Regioni hanno normato e fissato gli standard per i servizi residenziali. Le diverse normative hanno infatti prodotto standard assistenziali, tariffe e criteri di classificazione degli ospiti diversi, con impatti inevitabilmente differenti sull’operatività dei gestori e sulla loro capacità di innovare e di rispondere ai bisogni della cittadinanza. Tuttavia, un dato interessante che per la prima volta il rapporto evidenzia è che, dal confronto con le normative regionali, risulta che le aziende hanno mediamente dotazioni di organico maggiore di quanto richiesto dalle norme: il campione analizzato mostra una media di un infermiere ogni 5,1 operatori socio-sanitari (dato 2021), più alto rispetto al rapporto medio di 5,6 definito dagli standard regionali.
“I dati mostrano che affrontare la crisi del personale è possibile – afferma Elisabetta Notarnicola, Associate Professor of Practice, Divisione Government, Health e Not for profit, Sda Bocconi School of Management e coordinatrice del Rapporto – ma serve un investimento in una duplice direzione: ripensare i servizi in funzione anche delle nuove necessità dei professionisti e operatori e investire ancora di più sulle persone”.
Negli anni “le Regioni hanno prodotto regole e norme eterogenee che rischiano che rischiano di trasformarsi in disordine e complessità – avverte Notarnicola – se non si trovano risposte di policy univoche. Lo sforzo delle aziende nel superare la crisi è notevole, ma per un reale cambiamento è necessario che le singole risposte siano coordinate in una visione d’insieme più ampia”.
“Come per tutti i settori di servizi alla persona – dichiara Massimo Minaudo, amministratore delegato Essity Italia – anche quello Long Term Care non potrebbe esistere senza i professionisti che producono e promuovono l’assistenza e la qualità della cura. In un sistema che si basa fortemente su fiducia, competenze e qualità del lavoro, il rapporto ci permette di analizzare lo stato di salute del settore assistenziale, fornendoci indicazioni preziose sulle sue reali necessità. Il bisogno di unitarietà per superare la molteplice interpretazione degli standard normativi è certamente il dato più eloquente che dimostra come il settore Long Term Care necessiti di un’azione di coordinamento mirata, per rispondere in maniera sempre più efficacie alle esigenze dei soggetti non autosufficienti”.