Ricerca: fegato grasso, svelato identikit forma aggressiva che colpisce le donne

(Adnkronos) – Ricercatori italiani svelano l’identikit della variante più aggressiva di fegato grasso, in gergo tecnico steatosi epatica, che colpisce le donne in menopausa. Lo studio – firmato da Policlinico e dall’università Statale di Milano, pubblicato su ‘Nature Medicine’ – ha utilizzato tecniche di sequenziamento ed editing genetico combinate a simulazioni con organoidi, per scoprire l’interazione fra una variante genetica e il sesso femminile, responsabile dell’insorgenza di fegato grasso nelle donne. Gli autori ritengono il lavoro un passo avanti sulla strada della medicina di precisione.  

La steatosi epatica (Steatotic Liver Disease o Sld) – ricordano da UniMi e Irccs di via Sforza – è la principale malattia del fegato che interessa un terzo della popolazione mondiale ed è in costante aumento, soprattutto tra le donne. E’ causata da un accumulo di grassi in eccesso nel fegato, che innesca uno stato di infiammazione cronica a livello epatico. Alla base dell’Sld c’è l’interazione di diversi fattori: stili di vita e regimi alimentari scorretti, alcune patologie tra cui diabete e obesità, predisposizione ereditaria, aumento di colesterolo e trigliceridi, ipertensione arteriosa e sovrappeso. A complicare il quadro c’è la ‘silenziosità’ del fegato grasso, spesso sospettato solo dopo un riscontro occasionale di esami del sangue alterati (ad esempio le transaminasi), nonché il fatto che non sono ancora disponibili terapie per contrastare la progressione della malattia verso forme avanzate. Gli esperti ritengono che nei prossimi 10 anni la Sld diventerà la principale causa di cirrosi, trapianto e tumore del fegato, in particolare nelle donne. Nonostante durante l’età fertile gli estrogeni le proteggano, dopo la menopausa alcune presentano una forma più grave di patologia. 

E’ proprio per chiarire questo aspetto che gli scienziati meneghini hanno disegnato uno studio con la partecipazione di diversi centri internazionali, per un totale di oltre 4mila pazienti Sld. Inoltre è stata studiata una coorte di quasi 5mila donatori di sangue, che fanno parte dei programmi di prevenzione cardiometabolica della Medicina trasfusionale del Policlinico di Milano, diretta da Daniele Prati. 

Grazie a moderne tecniche di laboratorio, come sequenziamento genetico di nuova generazione, organoidi e Crispr-Cas9 – dettaglia una nota – è stato possibile mettere in evidenza un’interazione specifica tra il sesso femminile e la variante genetica Pnpla3 p.I148M nel determinare l’insorgenza e la severità della Sld. Studi precedenti avevano già dimostrato l’associazione di questa mutazione con un rischio aumentato di cirrosi e tumore epatico, a causa della produzione di una proteina alterata che non è in grado di eliminare i trigliceridi dagli epatociti.  

I ricercatori hanno però osservato che la proteina Pnpla3 mutata è presente soprattutto nel fegato delle donne, rispetto a quelli degli uomini. Una differenza da attribuire alla presenza di una specifica sequenza di Dna di questo gene, alla quale si legano i recettori degli estrogeni, che inducono l’espressione di Pnpla3 anche in risposta a bassi livelli ormonali. Con le modificazioni ormonali e metaboliche legate alla menopausa, dunque, il rischio di Sld aumenta nelle donne portatrici della variante p.I148M che causa un accumulo nelle gocce lipidiche delle cellule del fegato, portando a infiammazione e formazione di tessuto cicatriziale (fibrosi epatica).  

“Un risultato importante – si legge nella nota – ottenuto dal grande lavoro di squadra di molti team del Policlinico, dalla Medicina trasfusionale all’Anatomia patologica, fino alla Medicina a indirizzo metabolico, alla Gastroenterologia ed epatologia, alla Chirurgia generale – Trapianti di fegato, che hanno collaborato a vario titolo nello sviluppo della ricerca”. Afferma Alessandro Cherubini, ricercatore della Medicina trasfusionale e primo autore dell’articolo. “Lo studio, oltre a definire un meccanismo molecolare chiave nella progressione della Sld nelle donne, suggerisce nuovi trattamenti terapeutici che tengono conto sia della variabilità genetica che della storia clinica del paziente. Questi nuovi approcci di medicina di precisione potrebbero rivelarsi particolarmente efficaci nelle donne che sviluppano la steatosi soprattutto dopo la menopausa”. 

I dati della ricerca sono stati ottenuti attraverso lo studio di linee cellulari epatiche e ‘mini-fegati’ sviluppati in laboratorio dai ricercatori guidati da Luca Valenti, professore associato di Medicina interna della Statale di Milano e responsabile del Centro di Risorse biologiche del Policlinico, e confermati dall’analisi dell’ampio studio di popolazione presente nella Biobanca del Regno Unito. 

“Questa pubblicazione – commenta Valenti – sottolinea l’importanza di coinvolgere, insieme a grandi collaborazioni multicentriche e biobanche capaci di raccogliere i dati genetici di vaste popolazioni, i donatori di sangue nei progetti di ricerca sulle patologie di natura genetica e metabolica. Le coorti di donatori, oltre a fornire dati di riferimento fondamentali per gli studi genetici, permettono di monitorare e definire le fasi subcliniche delle malattie, facilitando la progettazione di programmi mirati di prevenzione e terapia”. 

(Adnkronos)