Salgono casi sclerosi multipla, ‘anche in bimbi e over 60’

(Adnkronos) –
L’incidenza della sclerosi multipla “sta crescendo, soprattutto nel sesso femminile e stiamo studiando il perché”. Oggi si parla di diagnosi prevalentemente nella fascia d’età fra i 20 e i 40 anni, nel pieno della vita sentimentale, lavorativa, sociale. Ma “ci sono anche casi che esordiscono in età infantile: sono dal 5 al 10% di tutte le forme di sclerosi multipla e questo numero sta andando ad aumentare nel tempo, perché oggi abbiamo anche sensibilizzato molto le Neuropediatrie e le Neurospichiatrie infantili, dove arrivano questi bambini”. Non solo: sono in aumento anche quelle “forme che si manifestano tardivamente. Stiamo vedendo sempre di più pazienti che vengono per la prima volta a 60-70 anni”.  

E’ il quadro della malattia, tracciato dagli esperti durante un incontro che si è tenuto a Milano dopo il via libera dell’Agenzia italiana del farmaco Aifa alla rimborsabilità di ofatumumab, trattamento ad alta efficacia a domicilio, mirato alle cellule B, indicato per adulti con sclerosi multipla recidivante remittente (Smrr). Nuove armi nell’arsenale degli specialisti per poter ‘mirare’ sempre di più le terapie e ‘vestirle’ su misura a ciascun paziente. “Oggi in Italia si contano circa 3.400-3.500 nuovi casi all’anno”, un ritmo “che ha portato ormai a una coorte di circa 130mila pazienti” che convivono con la malattia nel nostro Paese, spiega Claudio Gasperini, direttore dell’Unità operativa complessa di Neurologia e Neurofisiopatologia all’ospedale S. Camillo-Forlanini e coordinatore del Gruppo della Società italiana di neurologia (Sin) per la sclerosi multipla. 

“Vediamo sempre di più – evidenzia lo specialista – l’incremento dei giovani affetti dalla patologia, probabilmente anche perché si sono affinati i criteri diagnostici, quindi anche noi siamo diventati più bravi a fare diagnosi”. Anche il numero delle babydiagnosi “crescerà”, analizza Maria Trojano, professore ordinario di Neurologia all’università degli Studi Aldo Moro di Bari e direttore dell’Unità operativa complessa Neurologia e Neurofisiopatologia dell’Azienda universitaria ospedaliera Policlinico di Bari. 

Per quanto riguarda i casi infantili di sclerosi multipla, “è importante il fatto che forse avremo biologicamente la possibilità di iniziare delle terapie veramente precocemente, non quando si manifestano a 30-40 anni” i sintomi più evidenti della malattia “in persone che probabilmente avevano la malattia già da 10 anni. Poter iniziare precocemente sarà nel futuro un vantaggio”, ragiona Trojano. L’esperta evidenzia come questa dei babypazienti sia una “novità dell’ultimo decennio: riusciamo a diagnosticare molto di più la malattia rispetto a prima e stiamo dedicando moltissima attenzione a questo”.  

Come sempre di più si vedono “pazienti che arrivano dallo specialista per la prima volta a 60-70 anni con criteri diagnostici che lasciano pensare che la malattia è stata probabilmente silente da un punto di vista clinico, è andata avanti senza manifestarsi. Anche per questi pazienti ci stiamo attrezzando a capire come trattarli”, dice la specialista. Gli esperti provano a spiegare cosa vuol dire per una giovane donna o uomo la scoperta della sclerosi multipla. “All’improvviso cade loro il mondo addosso, questi giovani sentono di perdere progettualità. Il momento della comunicazione della diagnosi è fondamentale per far capire che non sono distrutti i loro sogni, che oggi abbiamo la possibilità di portarli avanti nella loro vita cercando di far loro raggiungere i propri obiettivi”. L’empatia è cruciale, evidenzia. 

“Trattandosi di una patologia cronica, non sono pazienti occasionali, ma persone delle quali bisogna prendersi cura per decenni – aggiunge Trojano – si deve creare un rapporto di fiducia. Questi pazienti hanno bisogno in ogni momento di essere rassicurati che un sintomo o un disturbo che avvertono un giorno non sia riportabile necessariamente alla malattia ma può essere dovuto ad altri fattori e hanno bisogno di capire fino in fondo, quando iniziano una terapia, quali sono rischi e benefici. Il dialogo è indispensabile” e va oltre “l’arido” pezzo di carta, “il consenso informato che viene consegnato”. E’ un aspetto che vale ancor di più quando di fronte alla scrivania dello specialista siede una giovane donna. “Questa è una malattia femminile, con un rapporto di 3 a 1 – ribadisce la specialista – Donne giovani in età fertile che chiedono anche come affrontare un’eventuale gravidanza, che vogliono costruirsi una vita. Non c’è niente che impedisca di programmare una gravidanza. Con il neurologo si riesce a incastrare bene nei tempi giusti la possibilità” di avere un bambino.  

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