(Adnkronos) – “Quando, entrando nelle scuole, abbiamo chiesto ai ragazzi e alle famiglie che tipo di impatto in termini di solitudine, ansia e depressione avevano riscontrato durante la pandemia, il 60% degli adolescenti ha risposto di sentirsi solo, contro il 40% dei genitori. Non solo: dicono di soffrire di ansia e depressione il 44,6% degli under 37 e addirittura il 49,4% dei giovani tra i 18 e 25 anni, contro il 23% dei genitori. Durante la pandemia siamo stati un po’ tutti travolti, ma hanno sofferto di più i giovani. Per gli adolescenti l’emergenza sanitaria con l’inevitabile interruzione della quotidianità, della normalità, della vita che tutti noi abbiamo cercato di riempire, ha significato una sola cosa: l’acuirsi di questo isolamento che è già abbastanza problematico quando avviene in età adolescenziale e che per molti si è anche aggravato perché ci sono casi di agorafobia”. Così all’Adnkronos Salute Ketty Vaccaro, responsabile Salute e Welfare del Censis, margine della presentazione – oggi a Roma – del progetto ‘Mi vedete?’, promosso nelle scuole da Lundbeck Italia in collaborazione con Your Business Partner, con l’obiettivo di ascoltare gli adolescenti e rispondere ai loro bisogni inespressi.
“Nel post pandemia le percentuali di ragazzi che dichiarano di vivere situazioni di disagio, di non avere più voglia di uscire di casa, di sentirsi soli e più fragili oscillano tra il 44,6% e il 49%. Quindi un impatto di più lungo periodo che secondo me definisce una sorta di vulnerabilità nascosta, frutto della pandemia, ma che continua, che si trascina. E questa è un’altra cosa che noi adulti non capiamo”, sottolinea Vaccaro. Ma “quello che colpisce e che emerge dal progetto Mi vedete? è la sottovalutazione”, la discrepanza “tra i problemi che i ragazzi dicono di avere e quello che i genitori e gli insegnanti percepiscono. Nessuno riesce a cogliere le difficoltà specifiche degli adolescenti. E poi l’altra cosa che emerge è lo scaricabarile. I ragazzi dicono che la causa del loro disagio è la famiglia, gli insegnanti sostengono che è colpa della famiglia, i genitori della scuola. Noi accudiamo molto i nostri figli, ma ci parliamo molto di meno di quello che dovremmo”.
Capitolo a parte, per Vaccaro, sono i bambini che in piena emergenza sanitaria erano agli inizi della scuola elementare. “Noi non sappiamo ancora nulla di loro. Loro, a differenza dell’adolescente, non riescono a esprimere un disagio. Fra qualche anno lo scopriremo”, conclude.