“La pandemia si è abbattuta come uno tsunami sul nostro Servizio sanitario nazionale, creando grandissime difficoltà a tutti i pazienti, non solo ai malati onco-ematologici: ritardi nelle diagnosi, distanziamento di programmi di trattamento, cicli di terapie diradati per evitare che il paziente si recasse in ospedale (il rischio di infezione era altissimo), reparti riconvertiti in centri Covid. Ma questo modello ospedale-centrico ha fallito, ed è arrivato il momento di puntare sulla medicina del territorio. Su questo aspetto fondamentale dovrà focalizzarsi il Pnrr”, Piano nazionale di ripresa e resilienza. Lo ha detto Sergio Amadori, presidente nazionale di Ail-Associazione italiana contro le leucemie-linfomi e mieloma (82 sezioni provinciali, 15.000 volontari), in occasione del convegno nazionale ‘Curarsi è prendersi cura. La missione di Ail per una sanità a misura d’uomo’, in programma a Roma fino al 2 ottobre nel Salone d’Onore del Coni, e che vede protagoniste le Associazioni del Terzo settore insieme per ripensare la sanità di domani: vicina ai bisogni dei malati e integrata sul territorio.
“L’auspicio di Ail – ha sottolineato Amadori – è che con il Pnrr venga rimesso a punto un sistema territoriale della medicina che sia veramente efficiente, pronto a rispondere immediatamente alle esigenze dei cittadini. La medicina del territorio, purtroppo totalmente dimenticata in questi anni, richiede assunzione di personale, nuove strutture territoriali, dalla Casa della Salute all’ambulatorio territoriale con i medici di medicina generale, un primo presidio per i pazienti per evitare loro di rivolgersi all’ospedale. Il nostro Ssn, celebrato in tutto il mondo come uno dei migliori, con la pandemia si è dimostrato molto fragile. L’emergenza sanitaria ha travolto in maniera pesante la nostra sanità pubblica già messa a dura prova negli ultimi 10 anni a causa dei tagli di posti letto e personale. Risultato? Con il Covid ci si è trovati di fronte a difficoltà di logistica e di personale”.
Ma se da una parte i pazienti per paura di contrarre il virus si sono tenuti lontani dagli ospedali, ritardando e posticipando visite e controlli, “dall’altra – ha evidenziato il presidente Ail – sapevano che ritardi nelle diagnosi e nell’esecuzione delle terapie avrebbero compromesso il risultato delle stesse cure. Ritardi che per i pazienti affetti da leucemie, linfomi e mielomi sono stati ridotti ai minimi termini (non più del 5% ha subito ritardi diagnostici o di trattamento), per merito degli specialisti ematologi che lavorano nei centri di ematologia e dei nostri 15mila volontari presenti nelle 82 sezioni territoriali. Figure che per noi rappresentano un patrimonio straordinario: sempre al fianco dei pazienti per accompagnarli in ospedale, per fornire loro informazioni, rassicurarli sul fatto che andare negli ospedale non costituiva un rischio perché si erano organizzati con dei percorsi Covid-free. La loro è stata un’assistenza a 360 gradi: dalla spesa alle terapie a domicilio, non hanno trascurato nulla”.
Infine sulla mission di Ail: “E’ la stessa che ci indicò per primo il professor Mandelli – ha assicurato Amadori ricordando Franco Mandelli, a lungo guida e presidente dell’associazione – stare vicino ai pazienti e ai familiari per aiutarli in tutto il percorso di malattia, attraverso tutta una serie di misure assistenziali note a tutti. Ovvero, aiutare il paziente nel momento della diagnosi, potenziare le cure domiciliari, aiutare i pazienti mettendo loro a disposizione case alloggio totalmente gratuite (Ail si fa carico anche delle spese per gli spostamenti di pazienti e familiari), e stimolare e sostenere la ricerca scientifica. Nelle malattie oncoematologiche si sono fatti dei progressi straordinari: 30 anni fa i tumori del sangue avevano un indice di guarigione inferiore al 20% , oggi guarisce il 70% dei nostri pazienti grazie alla ricerca scientifica”.