(Adnkronos) – “Nel contesto delle polveri atmosferiche studi recenti ipotizzano che il Pm10 (particelle di diametro medio non superiore a 10 micron) abbia caratteristiche di nocività maggiori rispetto al particolato di anni addietro. Nel contesto, poi, di queste particelle di polveri, che derivano soprattutto dal traffico veicolare (con l’effetto favorente il loro incremento ad opera delle variazioni climatiche e del conseguente riscaldamento globale), ad avere una maggiore aggressività per le vie aeree sono le particelle più fini, cioè il microparticolato definito Pm2.5 per le sue dimensioni ridotte (non superiori a 2,5 micron) e tali da consentirne il passaggio con l’aria inalata nelle vie aeree inferiori. Nei bambini questo microparticolato favorisce l’insorgenza di allergopatie respiratorie e di asma bronchiale con sintomatologia caratterizzata da rinite, tosse e affanno”. Lo afferma all’Adnkronos Gennaro D’Amato, delegato dell’Associazione italiana pneumologi ospedalieri (Aipo) nel Gruppo di lavoro Ambiente, Clima e Salute dell’Alleanza contro le malattie respiratorie croniche, Gard Italia, Co-Chairman della commissione della World Allergy Organization on “Climate change, Aerobiology and Allergy” e già primario di Pneumologia nell’ospedale Cardarelli di Napoli, commentando così l’allarme smog nelle periferie delle città.
“Frequenti nell’infanzia – prosegue – sono anche le mucositi, quali espressioni di un’infiammazione della mucosa delle vie aeree superiori e, progressivamente, anche di quelle inferiori. Nei fumatori e in soggetti anziani con bronchite cronica la cappa di smog che aleggia sulle nostre città è un fattore favorente l’insorgenza di broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) e di enfisema che, in assenza di cure adeguate, possono essere l’anticamera dell’insufficienza respiratoria”. Le micro polveri sottili “contribuiscono a veicolare nelle vie aeree tracheobronchiali gli allergeni dell’atmosfera – sottolinea D’Amato – soprattutto pollini allergenici e miceti che sono già presenti in atmosfera in queste giornate pre-primaverili di marzo, favorendo così lo sviluppo di allergie nei soggetti predisposti ed inducendo il peggioramento dell’ostruzione bronchiale in chi è già affetto da asma e da Bpco“.
Tra i consigli per ridurre la componente di inquinamento atmosferico, D’Amato non ha dubbi: “Occorrerebbe aumentare le zone Ztl con una netta riduzione del traffico veicolare nelle città e nelle periferie con maggiore inquinamento atmosferico, soprattutto quando le centraline segnalano un incremento in atmosfera delle polveri sottili e dei gas inquinanti come biossido di azoto (No2) ed ozono (anch’essi ad affetto irritativo e proinfiammatorio sulle vie aeree)”.
Importante – aggiunge l’esperto – è “anche incrementare la presenza di verde nelle città. Infatti, il verde, con la fotosintesi clorofilliana, è in grado di produrre ossigeno e di assorbire la Co2 che è la principale componente delle variazioni climatiche e del Global warming”. In breve, “il verde agisce da ‘depuratore’ riducendo la presenza di agenti dell’inquinamento atmosferico. Tuttavia, è fondamentale evitare di piantare nelle città e nelle periferie inquinate verde ‘allergenico’ come ad esempio è avvenuto in passato anche a Milano con l’impianto diffuso di betulle allergeniche”. Dunque in città niente “cipressi e oleaceae – evidenzia D’Amato – che liberano pollini allergenici in grado di indurre un incremento delle allergopatie respiratorie e quindi non utili ma addirittura dannosi nelle città e nelle periferie inquinate (Oleaceae e cupressaceae possono andare bene nelle zone rurali ma non nelle città)”.
Esistono invece “piante ed alberi non allergenici o con pollini a scarso contenuto allergenico come faggi, lecci, tigli, castagni, ippocastani, palmacee, platani e pini ed altri che possono essere piantati nelle città con effetto di riduzione dell’inquinamento atmosferico. Comunque quando l’aria nelle città è irrespirabile e le centraline segnalano alte concentrazioni di polveri e gas è bene proteggersi con le mascherine Ffp2 quando si esce di casa”, conclude. (di Francesca Filippi)