(Adnkronos) – Secondo alcune stime, oltre il 60% delle cellule immunitarie del corpo ‘abitano’ nell’intestino. Tanto che la comunità scientifica si è chiesta: i piatti che si portano in tavola possono influire sulla risposta dell’organismo ai trattamenti antitumorali, compresa l’immunoterapia? Le evidenze che sembrano suggerirlo sono diventate di recente sempre più numerose. Mele, pere, prugne e kiwi; ma anche noci, pistacchi e arachidi. E fagioli, ceci, lenticchie, carote, melanzane, carciofi, cereali e addirittura il cioccolato fondente: sono tutti alimenti ricchi di fibre in grado di ‘nutrire’ il microbioma – l’insieme dei microrganismi ospitati nell’intestino – e di conseguenza, ipotizzano gli esperti, possono aumentare l’efficacia dell’immunoterapia.
Sono in corso diversi studi in tutto il mondo che puntano a mostrare un legame tra una dieta ricca di fibre e una maggiore efficacia dell’immunoterapia. Ed entro il prossimo anno è in programma all’Irccs ospedale San Raffaele di Milano un nuovo trial clinico che prevede la somministrazione di una dieta controllata ricca di fibre nei pazienti con mieloma indolente. Sulle ultime novità dell’immunoterapia dei tumori e su come questa possa essere modulata dal microbioma intestinale si fa il punto a Milano in occasione di Cicon23, l’International Cancer Immunotherapy Conference che ha richiamato oltre mille scienziati da più di 38 Paesi. L’evento, che proseguirà fino a sabato 23 settembre, è organizzato da società scientifiche internazionali insieme al Network italiano per la bioterapia dei tumori (Nibit).
Fra le ricerche in corso, riferiscono gli esperti, ci sono studi sui trapianti fecali e lavori che hanno come obiettivo quello di confermare gli effetti che gli acidi grassi esercitano sulla risposta immunitaria contro i tumori. “L’immunoterapia ha rivoluzionato la cura di molti tumori – spiega Pier Francesco Ferrucci, direttore dell’Unità di bioterapia dei tumori all’Istituto europeo di oncologia (Ieo) e presidente del Nibit – Tuttavia, non tutti i pazienti rispondono allo stesso modo. Da qui l’ipotesi, che ormai è diventata una certezza, che la composizione del microbioma intestinale di un paziente influenzi il successo del trattamento immunoterapico. In sostanza, i pazienti che ospitano determinati batteri intestinali sembrano rispondere meglio all’immunoterapia rispetto ai pazienti che ne sono privi”. Del resto, fa notare Antonio Sica, segretario del Nibit, direttore di Patologia generale all’università del Piemonte Orientale e del Laboratorio di patologia e immunologia molecolare all’Irccs Humanitas di Rozzano (Milano), “se facciamo il calcolo numerico delle nostre cellule e dei batteri che convivono con noi loro sono 10 volte di più e questa simbiosi condiziona l’omeostasi dei tessuti e anche il metabolismo”.
“Oggi – illustra Sica – c’è una grossa attenzione per esempio sulla componente del microbiota che colonizza le mucose, interfaccia fra il nostro organismo e l’ambiente e prima barriera di difesa. E c’è attenzione sull’impatto delle disbiosi”, alterazioni della flora batterica “che vengono associate anche con la progressione di malattia. Al riguardo c’è molto interesse sugli approcci alimentari che possono permettere di restaurarla”.
Fra le ipotesi ritenute interessanti dagli esperti c’è appunto quella, basata su recenti evidenze scientifiche, secondo cui somministrare ai pazienti una dieta ricca di fibre potrebbe aumentare le probabilità che il trattamento contro il cancro sia più efficace. “Che il microbioma sia una parte cruciale del nostro sistema immunitario lo sappiamo ormai da tempo – precisa Vincenzo Bronte, direttore scientifico dell’Istituto oncologico veneto e next-president di Nibit – Ma solo di recente abbiamo accumulato sufficienti evidenze secondo le quali questi microbi possono essere ‘modificati’ per influenzare positivamente l’esito dei trattamenti contro il cancro, compresa l’immunoterapia”.
Alcuni gruppi di ricerca stanno cercando di superare la resistenza all’immunoterapia effettuando trapianti fecali: i microbi intestinali ‘buoni’ vengono prelevati da campioni di feci di pazienti che hanno risposto bene ai farmaci per poi essere trapiantati tramite colonscopia a un altro paziente. Un’altra strada è quella di disegnare diete ad hoc in grado di modificare il microbiota per renderlo ‘alleato’ dell’immunoterapia. “A questo proposito stiamo pianificando un trial clinico su pazienti affetti da mieloma indolente – afferma Matteo Bellone, responsabile dell’Unità di Immunologia cellulare del San Raffaele di Milano, tra gli organizzatori di Cicon23 – Ai pazienti proporremo una dieta controllata ricca di fibre con l’obiettivo di comprenderne gli effetti, non solo sulla composizione del microbioma intestinale, ma anche sulle modificazioni metaboliche dell’organismo, sul decorso e sulla prognosi della malattia”.
L’evento di Milano sarà anche l’occasione per parlare anche di immunometabolismo. “E’ noto che tutte le cellule necessitano di energia per svolgere le loro funzioni vitali e che tale capacità è sotto il controllo di vie metaboliche – ricorda Sica – In questo scenario, recenti evidenze hanno dimostrato che i tumori attuano una competizione metabolica con le cellule immunitarie, deprivandole di nutrienti essenziali per la produzione di energia e instaurando così una condizione di immunosoppressione che favorisce la crescita tumorale e l’insorgenza di meccanismi di resistenza alle terapie”. Nuovi studi mirano quindi a comprendere i meccanismi che governano l’immunometabolismo dei pazienti al fine di ripristinare risposte immunitarie efficaci. In questo contesto, in un lavoro pubblicato su ‘Cell Metabolism’, che sarà illustrato da Teresa Manzo dell’Ieo, si dimostrano i potenti effetti che gli acidi grassi esercitano sulla risposta immunitaria contro i tumori.
Ma c’è di mezzo anche il colesterolo. “Recenti studi dimostrano come l’alterato metabolismo del colesterolo e dei lipidi sia in grado di influenzare la funzionalità delle cellule immunitarie – riporta Vincenzo Russo, professore associato di Patologia generale alla Facoltà di Medicina dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano, tra gli organizzatori di Cicon3 – Con Paolo Ascierto, primario oncologo dell’Istituto nazionale dei tumori di Napoli, presenteremo dei risultati clinici sulla maggior efficacia dell’immunoterapia in combinazione con trattamenti bloccanti la sintesi del colesterolo”.
Al Cicon23 prenderà parte anche Arlene Sharpe, scienziata dell’università di Harvard, impegnata nello studio dei meccanismi che consentono al microbiota intestinale di influire sulla risposta immunitaria ai checkpoint immunitari. “Un’intera sessione sarà dedicata a come l’alimentazione può influire sul sistema immunitario e la capacità del paziente di rispondere, non solo all’immunoterapia, ma anche ai trattamenti più tradizionali come la chemio”, conclude Bellone. Ma “è importante che l’alimentazione e l’utilizzo di probiotici siano suggeriti da esperti non solo di nutrizione ma anche della malattia in questione. Abbiamo purtroppo assistito a un peggioramento della malattia quando i pazienti non cercavano il parere dell’esperto. Dunque, sì all’alimentazione personalizzata, ma sotto controllo dell’oncologo di fiducia”.