Vaccini, esperti: “Non solo per bimbi e fragili ma standard per invecchiare in salute”

(Adnkronos) – In un mondo che invecchia, è importante rendere l’immunizzazione degli adulti uno standard di cura per ridurre incidenza di infezioni e malattie prevedibili e invecchiare in salute. È l’esortazione arrivata dagli esperti riuniti a Wavre, in Belgio, durante un incontro con la stampa che si è tenuto presso il sito produttivo di vaccini di Gsk, il più grande al mondo, in occasione della settimana mondiale dell’immunizzazione (24-30 aprile). 

Entro il 2030 – si legge in una nota – il numero delle persone con più di 60 anni aumenterà di oltre un terzo, raggiungendo 1,4 miliardi a livello globale e il numero sarà di 2,1 miliardi nel 2050. Quando si superano i 60 anni si “va verso l’immunosenescenza, per cui avviene una progressiva riduzione dell’efficacia nella risposta del sistema immunitario alle infezioni – spiega Jamie Rutland, Pulmonary, critical care, internal medicine at Rutland Medic Group – Quando si viene vaccinati, non solo si crea una barriera contro una specifica malattia, ma si insegna anche al proprio sistema immunitario a contrastarne altre. E’ fondamentale che tutti siano ben informati e comprendano i rischi delle malattie infettive, come l’Herpes zoster, l’influenza e la polmonite. Dobbiamo andare oltre l’idea che la vaccinazione sia un evento una tantum per i bambini o i soggetti fragili anziani e incoraggiare governi e popolazione ad adottare la vaccinazione lungo tutto l’arco della vita. Questa strategia non solo può prevenire infezioni individuali, ma portare a una popolazione che invecchia in modo più sano e protegge ulteriormente dagli effetti della comorbidità con altre malattie”.  

I dati presentati durante l’incontro segnalano circa 1000 miliardi di dollari di perdite di produttività annue nei Paesi del G20 dovute a condizioni prevenibili tra le persone di età compresa tra 50 e 64 anni. A livello europeo “è importante investire in prevenzione e immunizzazione perché c’è un ritorno economico – sottolinea Sibilia Quilici, Executive Director Vaccines Europe at Efpia – European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations – Il ministero dell’Economia dovrebbe riconoscere l’importanza della prevenzione e dell’immunizzazione perché si può avere un ritorno degli investimenti a livello economico. C’è bisogno di implementare le vaccinazioni esistenti, come per esempio quella dell’influenza. C’è purtroppo una copertura ancora troppo bassa. Il 77% dei paesi dell’Unione europea spende infatti meno dello 0,5% del budget sanitario per l’immunizzazione”. L’Italia, considerata storicamente uno dei poli strategici di ricerca e produzione di Gsk – biofarmaceutica che distribuisce circa 1,5 mln di dosi e ha 19 vaccini in sviluppo – prevede nel quinquennio 2020-2025 un investimento totale di 800 milioni di euro, di cui il 59% destinato ai vaccini. 

I programmi di immunizzazione hanno costantemente dimostrato un significativo ritorno sull’investimento vaccinale. Uno studio pubblicato sull’International Journal of Technology assessment in health care nel 2020 mostra che l’infezione da pneumococco, con 90 mila casi stimati, ha avuto un impatto economico di circa 148 mln di euro e fiscale di 24 mln. L’Herpes zoster, con 6.400 casi stimati, ha generato un impatto totale di 4.777.200 euro. Di questa somma, 630 mila euro derivano dalla diminuzione della raccolta fiscale, il che sottolinea l’incidenza diretta di questa malattia, meno prevalente ma non meno grave, sulle risorse economiche. Un altro studio condotto invece nei Paesi Bassi ha dimostrato che ogni euro investito nella vaccinazione degli adulti a partire dai 50 anni produrrebbe oltre 4 euro di entrate economiche per il resto della vita del campione, attraverso i suoi effetti sulla crescita, sulla produttività, sulla partecipazione alla forza lavoro, sui sistemi fiscali e pensionistici. 

Tra le malattie che provocano un notevole impatto economico a causa della popolazione non protetta vanno annoverati sicuramente l’herpes zoster e il virus respiratorio sinciziale (Rsv). In tutto il mondo, ogni anno, si registrano 330 mila ricoveri di anziani solo a causa dell’Rsv che, una volta dimessi, in 1 caso su 4 (fino al 24,5%) necessitano di assistenza domiciliare professionale o richiedono una riammissione entro 3 mesi dalla dimissione (26,6%). Inoltre, dopo il ricovero, il tasso di mortalità è di quasi il 33%.  

Sulle vaccinazioni, la situazione, a livello mondiale “è molto frammentata – osserva Jane Barratt, Global Advisor, International Federation on Ageing (Ifa) – Canada quella per l’Herpes zoster è molto complicata, in Australia c’è invece un sistema nazionale che implementa le vaccinazioni a livello statale. In assoluto penso sia importante non tanto metter a confronto le differenze, quanto piuttosto analizzare quali sono le buone pratiche messe in atto da alcuni Paesi e cercare di replicarle in tutti gli altri meno virtuosi. L’Italia – continua – ha fatto un ottimo lavoro a livello di vaccinazione durante il Covid 19 e mi auguro che continui sulla stessa scia per quanto riguarda tutte le altre vaccinazioni. La maggior parte delle persone comprende l’importanza di una dieta sana e di un esercizio regolare per migliorare e mantenere le proprie funzionalità, inclusa la mobilità, ma sono molto meno consapevoli che, man mano che invecchiamo, si verifica un indebolimento naturale del nostro sistema immunitario, il che – conclude Barratt – rende sempre più difficile combattere le infezioni e riprendersi dalle malattie”. 

(Adnkronos)