A Reggiolo sala gremita per parlare di cyberbullismo: «Combatterlo significa dire no e insegnare l’intelligenza emotiva»

REGGIOLO (REGGIO EMILIA) – La famiglia ha un ruolo centrale nella prevenzione della violenza, del bullismo e cyberbullismo. Ieri sera, nella sala Lorenzo Bandini di via IV Novembre a Reggiolo, si è tenuto il primo incontro del “Progetto legalità” nato dalla collaborazione tra l’amministrazione comunale e l’Istituto comprensivo di Reggiolo.

Fontanesi e D’Alò

L’appuntamento dal titolo “Navigare a vista nella Rete” ha visto la partecipazione di tanti genitori, educatori e di numerosi cittadini interessati all’argomento. Relatori di eccezione hanno offerto spunti di riflessione e hanno guidato il pubblico a capire meglio come “non cadere nella rete”, a comprendere il perché dei comportamenti dei bulli e a sostenere le vittime, a gestire la comunicazione con i figli nel difficile ruolo di genitori. Questo e molto altro, perché gli spunti e le informazioni sono state davvero numerose, soprattutto hanno offerto esempi di azioni concrete da mettere in campo a casa come a scuola. Livia Arioli, assessore alla Scuola del Comune di Reggiolo, ha presentato il “Progetto legalità” spiegando perché l’Amministrazione e l’Istituto comprensivo di Reggiolo hanno ritenuto importante affrontare il tema della legalità non solo tra i cittadini, ma anche a scuola per offrire strumenti culturali agli studenti che si trovano a vivere in un ambiente sociale sempre più complesso.

La parola è poi passata alla dirigente dell’Istituto comprensivo di Reggiolo Marialuisa Pastorelli. «La scuola – ha detto – riveste un importante ruolo educativo, preventivo e di argine del bullismo e cyberbullismo, ma da sola non può contrastarlo. Per questo motivo credo molto nelle alleanze educative, in una scuola aperta al territorio, pronta ad accogliere esigenze, proposte e richieste di supporto». La dirigente ha presentato al pubblico il blog “Parla con me”, uno spazio dedicato alla raccolta, al confronto e allo scambio di casi di bullismo e cyberbullismo a scuola. Oltre al blog, sulla pagina web dell’Istituto reggiolese è possibile trovare una serie di documenti utili per “Navigare sicuri”.

L’incontro è entrato nel vivo del tema con gli interventi della senatrice e docente universitaria della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica di Milano Vanna Iori, e della pedagogista e mediatrice Elvira Dalò. Nel 1995 Vanna Iori fondò l’Osservatorio delle famiglie del Comune di Reggio Emilia e anche grazie a questa esperienza ha avuto modo di approfondire i mutamenti demografici e relazionali delle famiglie. Non è un caso che l’analisi della senatrice e pedagogista consideri proprio i cambiamenti della società e della famiglia, mutamenti che hanno subito una forte accelerazione con l’arrivo di internet. «Il bullismo – ha spiegato – è sempre esistito, ma oggi siamo di fronte a una crescente complessità del fenomeno. Sono cambiate le famiglie, l’atteggiamento dei genitori verso i figli, il linguaggio, lo spazio relazionale, gli strumenti di comunicazione».

Iori, Quaglia e Gravina

Vanna Iori ha fatto riferimento al dilagante fenomeno del “Vamping”, ovvero l’abitudine dei giovani di restare svegli fino a tarda notte per chattare, navigare online, partecipando a una “cybercomunità notturna”, ovviamente di nascosto dai genitori. E così i rischi aumentano e cadono le regole. «I ragazzi vanno educati: bisogna dire “no”, bisogna discutere perché il genitore ha un ruolo preciso e non è quello dell’amico. Bisogna controllare i cellulari, spegnerli durante la notte, toglierli dalla tavola e spegnere la televisione. Il genitore, in primo luogo, deve dare l’esempio».

Elvira D’Alò, esperta delle strategie di intervento nei conflitti tra bulli e vittime, tra docenti e alunni, tra genitori e figli, ha voluto sottolineare che il bullo o cyberbullo è anche lui una “vittima”. «Questi ragazzi – ha detto – non sono da condannare ma da sostenere e aiutare. Spesso non hanno riferimenti in famiglia, rapporti affettivi deboli, situazioni di difficoltà. Bisogna capire che un padre assente è esattamente come un padre che dice sempre sì. E i sì non hanno mai fatto bene a nessuno». La pedagogista invita a dare delle regole nell’uso dei cellulari, a rafforzare l’intelligenza emotiva, ovvero la capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie emozioni e quelle degli altri. Ecco allora che, ad esempio, un ragazzo in gita senza cellulare invece di essere “prigioniero dello schermo” si sofferma a guardare il paesaggio e magari si mette anche ad ascoltare. Si accorge, insomma, che c’è altro.

Tra gli esempi di dialogo con i più giovani c’è quello di Gianni Gravina, poliziotto e autore del romanzo “Angelo in blu”. Come ha spiegato, il suo libro vuole essere uno spunto affinché i ragazzi “possano trovare il coraggio di sconfiggere quell’omertà sociale che porta solo rabbia e rancore nel prossimo”. Il poliziotto della stradale entra nelle classi usando gli argomenti graditi ai ragazzi, il calcio ad esempio, e così apre il dialogo e li porta a riflettere su cosa significa schernire i compagni.

La psicoterapeuta e psicologa scolastica Francesca Fontanesi è riuscita anche a commuovere parlando di cosa avviene quando si trova uno spazio per toccare gli argomenti più delicati. Nell’ambito scolastico, con l’uso di semplici oggetti, è riuscita a far emergere il lato più sensibile dei ragazzi, che hanno dato spazio ai ricordi e, grazie a questi, condiviso esperienze ed emozioni guardandosi in faccia e non utilizzando uno smartphone.

Luigi Quaglia della polizia postale ha spiegato come molti comportamenti di prepotenza in rete non siano percepiti dai giovani come tali, anche se gravi. “Basti pensare a quanta diffusione possa avere un’offesa utilizzando il web. Le cose sono davvero molto cambiate nel corso del tempo e tutto è più complesso e difficile da affrontare”. Il bullismo è un reato, lo dice la legge, e ogni comportamento sul web può essere tracciato, ricostruito e denunciato se arreca danno a un soggetto. I ragazzi sotto i 14 anni non sono punibili, ma al compimento dell’età diventano penalmente responsabili delle loro azioni. Di fronte a questo gli insegnanti hanno l’obbligo di denunciare i reati commessi o subiti dagli studenti, così come le vittime devono denunciare diffamazioni, minacce o insulti in rete.

Quaglia e Iori hanno poi ricordato come attualmente la legge sul bullismo sia oggetto di una nuova discussione in parlamento. Questo per fronteggiare meglio la crescita del fenomeno. Alla luce dell’incremento dei reati sul web, in seno alla polizia postale nascerà la polizia di sicurezza cibernetica.

Gli incontri del “Progetto legalità” proseguiranno il 3 e 4 aprile e il 28 maggio con appuntamenti dedicati al tema della lotta alle dipendenze da fumo, alcol e droghe, mentre il 15 aprile si parlerà di lotta alla mafia.