(Adnkronos) – “Ogni anno sono 35mila le cause intentate contro i chirurghi, procedimenti che nel 96% dei casi finiscono in un nulla di fatto. Per questo motivo si fa sempre più ricorso alla medicina difensiva i cui costi per il Ssn sono elevatissimi, variano dai 12 ai 13 miliardi di euro l’anno, una cifra monstre per esami non appropriati o per mancati interventi in sala operatoria su pazienti ritenuti troppo a rischio”. Così all’Adnkronos Salute Maurizio Brausi, presidente del Collegio Italiano dei Chirurghi, in occasione del convegno ‘La colpa medica, le linee guida e il ruolo delle società scientifiche’’ promosso oggi a Roma dal Cic con il patrocinio dell’Università degli Studi Roma Tor Vergata.
A ricorrere alla medicina difensiva “per paura”, secondo Brausi è “l’80% dei chirurghi italiani, con un impatto esagerato sulle casse del Sistema sanitario nazionale. Non solo, ma la medicina difensiva allontana i medici dalla loro professione, in particolare nei Pronto soccorso e nella chirurgia generale. Le specialità prese di mira dai contenziosi – sottolinea Brausi – sono l’ortopedia ( con un 30% di denunce), a seguire la chirurgia generale (con il 15%) e la ginecologia- ostetricia”.
Quindi per evitare contenziosi, “il chirurgo deve attenersi assolutamente alle linee guida nazionali e internazionali – conclude l’esperto – avere un rapporto con il paziente basato su dialogo e fiducia, spiegare esattamente le procedure che vengono eseguite, informarlo sulle possibili complicazioni e sul follow up che il paziente deve eseguire. Inoltre, è molto importante il rapporto medico-familiari”.