Colloquio di lavoro, dallo sguardo alle domande: tutte le ‘dritte’ per farsi assumere

(Adnkronos) – Dopo un buon cv il colloquio di lavoro è il momento fondamentale per ‘conquistare’ una nuova occupazione. Ma cosa dire e cosa non dire e come comportarsi nel corso dell’appuntamento con l’interlocutore che dovrà valutare se siamo idonei per il nuovo lavoro? Lo spiega ad Adnkronos/Labitalia Irene Bertucci, giornalista ed esperta in comunicazione strategica e comunicazione neurolinguistica.  

“Lo sguardo attento ma non fisso, le mani in vista sul tavolo, i palmi esposti mentre si parla -sottolinea- servono a comunicare onestà. La prima impressione in un colloquio di lavoro è determinante. Per non apparire agitati non bisogna muoversi sulla sedia, i piedi ben piantati in terra, la schiena dritta e la postura leggermente spostata in avanti. La voce deve essere cadenzata, il volume non troppo basso perché trasmetterebbe insicurezza. Attenzione a fare delle pause, il parlare a macchinetta renderebbe l’idea di una persona poco riflessiva o prevaricatrice. No a toccarsi il viso, a giocherellare con gli oggetti sul tavolo, si apparirebbe nervosi”, raccomanda.  

Bertucci ricorda che “le Generazioni Z, i nativi digitali, nati tra il 1997 e il 2012, si affacciano al mondo del lavoro, mentre la Generazione X, i nati tra il 1965 e il 1980, sono nella fase di cambiamento della carriera. Il colloquio di lavoro è il passaggio obbligato per tutti. Non è una prova facile, in un mondo in cui le aziende richiedono nuovamente la presenza in ufficio, mentre i giovani lavoratori pretendono la flessibilità, lo smartworking, gli scatti di carriera facili”, ricorda Bertucci.  

Ma quindi quali sono le regole e gli errori da non fare? “I selezionatori – spiega Bertucci – hanno uno schema preciso e alcune domande tornano in ogni colloquio: ‘Mi parli di lei’ sembra una domanda ingenua, invece è un trabocchetto. Se ci si mette a parlare di noi in modo generale, senza contestualizzare rispetto al lavoro per cui si fa richiesta, si è bocciati subito, perché le aziende richiedono persone concentrate sull’organizzazione”, rivela l’esperta.  

Ma non è tutto, come spiega Bertucci. “‘Cosa sa di noi?’ è un altro momento importante – spiega – in cui il selezionatore vuole capire la motivazione del candidato o se invece sta cercando un lavoro qualunque. Bisogna andare al colloquio preparatissimi sulla storia, i valori, i prodotti, i messaggi, le sfide e i dati pubblici dell’azienda”.  

“‘Perché ti sei candidato per questo lavoro?’ L’errore di molti – continua Bertucci – è rispondere spiegando i motivi per cui non si trovavano bene nel posto precedente o dire che preferirebbero un’azienda più vicino a casa. Gossip e ricerca della comodità non sono ben viste in fase di assunzione. Sarebbe meglio spiegare quali sono i punti di forza che si potranno mettere a disposizione oppure chiarire che gli studi e le aspirazioni sono da sempre in linea con quella posizione”, sottolinea l’esperta. 

E non mancano altre possibili domande ‘a rischio’. “‘Qual è una sua debolezza?’. È importante – spiega Bertucci – evitare di dire di non averne, di non averci mai pensato o di preferire di non parlare di aspetti personali. Bisogna trovare un qualche difetto che non comprometta il lavoro. No quindi a ‘sono pigro’, ‘non riesco ad organizzarmi’, ‘non so lavorare in gruppo’, ‘preferisco fare le cose da solo’. Il segreto in ogni risposta è mostrare la volontà di rappresentare una risorsa per l’azienda”, sottolinea. 

“Se il selezionatore – continua ancora Bertucci – pensa che si è concentrati solo sullo stipendio, i benefit e lo smartworking, vi scarterà. Mentre si parla è importante mantenere una lieve intenzione di sorriso, che ci mostra rilassati e a nostro agio. Una volta terminato il colloquio, non si rimane in attesa. È sempre bene mandare una nota di ringraziamento a chi ha effettuato la selezione. La nota mostra cortesia e profondo interesse per il posto di lavoro”, conclude l’esperta.  

(Adnkronos)