Covid Italia e Omicron 4, primi casi: più contagiosa e ‘dribbla’ vaccino

(Adnkronos) – In Italia vengono segnalati i primi casi di covid legati alla variante ‘Omicron 4’. Il quadro delineato oggi dal report Gimbe evidenzia una maggiore contagiosità e una capacità di provocare reinfezioni, dribblando il vaccino e superando la protezione dopo una precedente infezione. Nel dettaglio, secondo Gimbe In Italia “la sottovariante Omicron Ba.2 ha quasi completamente soppiantato la Ba.1, mentre vengono già segnalati i primi casi di Ba.4. Allo stato attuale delle conoscenze, queste nuove sotto-varianti di Omicron sembrano avere una maggior trasmissibilità rispetto a Ba.2 e, soprattutto, una maggior capacità di evadere la protezione immunitaria, sia da vaccino, sia da pregressa infezione: questo determina una probabilità più elevata di reinfezione, oltre ad una maggiore resistenza di queste varianti agli anticorpi monoclonali”.  

“Per quanto riguarda l’efficacia vaccinale sull’ospedalizzazione, se per queste nuove sottovarianti non sono ancora disponibili dati, la somministrazione della dose booster resta di cruciale importanza al fine di mantenere una copertura adeguata contro Omicron e Omicron 2”, si evidenzia nel report.  

Secondo i dati dell’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità, dal 24 agosto 2021 al 4 maggio 2022 in Italia sono stati segnalati quasi 400 mila casi di reinfezione (3,3% del totale). Tuttavia l’incidenza delle reinfezioni, stabile intorno all’1% fino al 6 dicembre 2021 (data di riferimento per l’inizio della diffusione della variante Omicron), è rapidamente salita al 3% a inizio gennaio 2022, mantenendosi su questi valori – rileva Gimbe – fino a fine marzo 2022, per poi crescere ulteriormente nelle ultime settimane, sino a raggiungere il 5%. Il rischio di reinfezione colpisce in particolare i più giovani (fascia d’età 12-49 anni), le donne rispetto agli uomini, le persone con prima diagnosi di Covid-19 notificata da oltre 210 giorni, le persone non vaccinate o vaccinate con almeno una dose da oltre 120 giorni, gli operatori sanitari rispetto al resto della popolazione. 

(Adnkronos)