Uno sul palco di piazza San Rocco, l’altro in diretta streaming da Toronto, in Canada. Il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro Nicola Gratteri e il docente ed esperto di mafie e criminalità organizzata Antonio Nicaso hanno presentato ieri durante la prima serata del prequel del terzo International Annual Meeting SudeFuturi III – (R)innoviamo il Mezzogiorno la loro ultima fatica letteraria scritta a quattro mani: “Non chiamateli eroi”. Quattordici storie di vittime delle mafie, a partire, ovviamente, da quelle di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
A intervistarli la giornalista Paola Bottero, che ha aperto la conversazione a tre in una piazza San Rocco stracolma di spettatori attenti, molti anche in piedi una volta esauriti i posti a sedere, che non hanno perso una sola parola di quanto si diceva sul palco e spesso hanno sottolineato con lunghi applausi i passaggi più significativi degli interventi di Nicaso e Gratteri. ”Socrate diceva che ci vuole amore per diventare eroi -ha esordito Bottero. Come è nata l’idea di questo libro, che secondo me è il più bello di quelli che avete scritto, che racconta le storie di persone che anche se non ci sono più sono sempre con noi?”.
“A 30 anni dalla morte di Falcone e Borsellino -ha spiegato Nicaso- abbiamo deciso di scrivere dei ritratti di chi si è ostinato a rimanere se stesso nonostante la ferocia della mafia. Il messaggio è che anche noi possiamo fare qualcosa per la nostra terra. Nella stesura del libro siamo partiti da un aspetto che spesso è stato sottovalutato: le mafie hanno creato dei miti di successo e hanno strumentalizzato il concetto di cavalleria, la religiosità. In questo libro noi abbiamo dato un nuovo contributo: abbiamo decostruito il mito degli uomini d’onore, che sono vigliacchi, sparano alle spalle, uccidono donne e bambini. La narrazione reale dei mafiosi è completamente diversa da quella tradizionale, che si è vista anche in alcuni film o in alcune fiction. La nostra è una piccola operazione culturale: se togliamo gli orpelli, il re è nudo davanti a tutti. I mafiosi non sono mai stati dalla parte dei più deboli ma da quella dei più forti”.
Parlando di vittime innocenti, inevitabile il riferimento con quanto sta avvenendo in questi giorni in Afghanistan. A parlare è Nicola Gratteri: “Questa guerra, come tutte le guerre, non è servita a nulla. Se in 20 anni l’Occidente non è riuscito a costruire un esercito afgano è una grande sconfitta. Ed è una grande sconfitta per gli Stati Uniti, che spesso hanno un approccio da invasori. Di solito, chi invade tende a imporre la propria cultura. Ma pensiamo ai Romani: anche quando dominavano, includevano. Facevano partecipare le popolazioni delle terre conquistate alla vita pubblica, sociale, economica. Evidentemente, gli strateghi che hanno gestito questa situazione in Afghanistan non hanno studiato la storia”.
Giudizi netti anche per quanto riguarda la narrazione degli eventi: “Noi sapevamo che l’area interna del Paese era in mano all’Isis e ai talebani, ma la stampa non ne parlava. Ci hanno raccontato di un Afghanistan sotto controllo, ma in realtà i talebani dominavano l’area con l’oppio. Noi eravamo a conoscenza di decine di tonnellate di eroina ammassate nel deserto afgano e adesso si registra un aumento annuo del 2-3% dell’uso dell’eroina, che costa pochissimo, 25 euro al grammo. Eroina che non si inietta più ma si assume come la cocaina e questa guerra ne farà incrementare il consumo”, conclude Gratteri.