I numeri non mentono. Mancano tra i 14 e i 16 voti rispetto quelli preventivati dal centrosinistra. Ma i nomi e i cognomi dei franchi tiratori, quella è tutta un’altra storia, coperta dal segreto dell’urna. Il Pd accusa i renziani di essere venuti meno alla parola data. Accusa respinta da Italia Viva. E allora di chi è la colpa? Matteo Renzi, interpellato dall’Adnkronos, dice di cercare altrove: “Guardate i numeri”, si limita a rispondere.
I numeri non mentono. Mancano tra i 14 e i 16 voti per il Ddl Zan al Senato oggi*rispetto quelli preventivati dal centrosinistra. Ma i nomi e i cognomi dei franchi tiratori, quella è tutta un’altra storia, coperta dal segreto dell’urna. Il Pd accusa i renziani di essere venuti meno alla parola data. Accusa respinta da Italia Viva. E allora di chi è la colpa? Matteo Renzi, interpellato dall’Adnkronos, dice di cercare altrove: “Guardate i numeri”.
I numeri dicono questo. Dei 145-149 voti contro la ‘tagliola’ nelle aspettative del centrosinistra si è scesi a 131. Per i dem i possibili colpevoli vanno cercati in Iv. Il vicesegretario Pd, Peppe Provenzano, parla di “destra peggiore di sempre” e i “suoi complici”. Ribatte Teresa Bellanova: “Nonostante il voto compatto di Italia Viva, 23 franchi tiratori tra Pd, Leu e M5S, affossano il ddl Zan”. Il dato certo è che un travaso di voti da un campo all’altro c’è stato. I voti per la ‘tagliola’, calcolati dai dem, dovevano aggirarsi sui 140: si è arrivati a 154. E c’è chi guarda anche in casa 5 Stelle: “Anche lì qualcosa è successo”.
Detto questo, la linea per il Pd, è quella di evidenziare le responsabilità della destra nell’affossamento della legge. E si registra anche un altro dato: una inedita compattezza del centrodestra nel voto di oggi rispetto a tante altre ultime votazioni. Una compattezza che viene letta in chiave Quirinale. Del resto proprio ieri in Direzione, Enrico Letta aveva sottolineato come nel centrodestra sia tutto bloccato perché “Berlusconi ha deciso di farsi prendere in giro da Salvini e Meloni, che gli hanno promesso i voti per il Quirinale”. Anche il ‘padre’ del provvedimento, Alessandro Zan, collega quanto accaduto oggi alla partita del Colle: “Una forza politica si è sfilata e ha flirtato con la destra sovranista solo per un gioco legato alla partita del Quirinale”.
Pier Luigi Bersani, che i 101 di Romano Prodi li ricorda bene, avverte via twitter: “Temo una prova generale per il quarto scrutinio per il Quirinale. È tempo che il campo progressista prenda piena coscienza della situazione”. Al di là dei possibili posizionamenti in vista della partita dell’elezione del capo dello Stato, l’affossamento dello Zan al Senato produce anche delle tensioni interne l gruppo Pd Senato.
Valeria Fedeli, tra i senatori che nei mesi scorsi spingevano per una modifica del ddl Zan, esce dall’aula chiedendo le dimissioni di chi ha gestito l’iter parlamentare del provvedimento “dalla presidenza del gruppo alla Commissione Giustizia”. Poi ritira la richiesta e all’Adnkronos dice però che “va aperta una riflessione seria su tutti i passaggi che ci hanno portato a questa sconfitta. Mi si diceva sempre che i numeri c’erano, lo ha fatto anche il segretario Letta… sono dispiaciuta, arrabbiata”.
Andrea Marcucci, ex-capogruppo, incalza: “Una strategia fallimentare, bisognerà riflettere”. E c’è chi arriva a ipotizzare una strategia del Nazareno per togliersi dal vicolo cieco in cui si era impantanato lo Zan: farselo bocciare in aula dalla destra. Con una chiosa velenosa: “Se si voleva una mediazione, non si sarebbe incaricato di condurla proprio Zan che è, ovviamente, un pasdaran della sua legge”.