Djokovic attende verdetto Australia: espulso o in campo domani

Novak Djokovic sta per scoprire se potrà rimanere in Australia e giocare l’Australian Open o se sarà espulso dal paese per visto irregolare. I 3 giudici che presiedono l’udienza decisiva del caso, a Melbourne – James Allsop, Anthony Besanko e David O’Callaghan – hanno aggiornato l’udienza in cui i legali 34enne serbo e quelli del governo australiano hanno illustrato le rispettive posizioni. 

Il visto di Djokovic è stato formalmente cancellato ieri dal ministro dell’Immigrazione, Aex Hawke. Il 34enne di Belgrado, no vax e sbarcato nel paese con un’esenzione da vaccino covid, ha trascorso la notte al Park Hotel, la struttura per immigrati irregolari in cui era stato confinato dopo l’arrivo a Melbourne, quando il suo visto era stato giudicato irregolare nei controlli all’aeroporto. 

In attesa che la vicenda si chiarisce definitivamente, l’Australian Open ha diffuso il programma della prima giornata: Djokovic, abbinato al primo turno al connazionale Miomir Kecmanovic, dovrebbe giocare nel programma serale di lunedì 17 gennaio sul campo della Rod Laver Arena.
 

Nell’udienza, i legali di Djokovic hanno definito “irrazionale” la decisione del ministro Hawke: secondo il membro del governo, la permanenza del tennista nel paese potrebbe alimentare l’orientamento no vax in Australia. “E’ irrazionale contemplare solo questa prospettiva”, ha detto l’avvocato Nick Wood e senza considerare che “un sentimento anti-vax potrebbe essere la conseguenza di un’azione coercitiva dello stato con la cancellazione del visto e l’espulsione”. Il provvedimento di Hawke, secondo il legale, non può essere motivato dalla convinzione che “la presenza di Djokovic ‘potrebbe costituire’ un rischio rilevante per la salute pubblica” in Australia. In un simile contesto, la cancellazione del visto diventerebbe una “reazione irrazionale” alla posizione dell’atleta nei confronti della vaccinazione. Tra l’altro, secondo Wood, Djokovic non si sarebbe mai espresso contro il vaccino e, se lo ha fatto, “lo ha fatto in modo scrupolosamente privato”. 

Il governo, attraverso i propri legali, ha ribadito la posizione di chiusura. L’avvocato Stephen Lloyd ha sottolineato nuovamente l’effetto che la permanenza di Djokovic potrebbe innescare. Il serbo, che ha dichiarato di essere guarito dal covid a metà dicembre, ha tenuto una condotta poco rispettosa delle norme nei giorni successivi all’infezione, come dimostrano contenuti pubblicati sui suoi canali social. “Il ministro ha ritenuto che la presenza di Djokovic in Australia spingerebbe persone ad imitare la sua apparente mancanza di rispetto nei confronti delle misure di sicurezza”, le parole di Lloyd. “La gente fa riferimento ad atleti di alto livello per promuovere idee e cause. Non dico che” Djokovic “stia sostenendo una causa. Ma il suo legame con tale causa, voluto o no, è ancora evidente. E si è ritenuto che la sua presenza in Australia possa costituire un rischio”. 

 

 

(Adnkronos)