Furto banche dati, Pazzali ordinò dossieraggio su Ignazio La Russa e il figlio Geronimo

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Anche Ignazio La Russa e il figlio Geronimo nel mirino del dossieraggio con i dati rubati alle banche dati. Enrico Pazzali, indagato nell’inchiesta della presunta associazione a delinquere che mirava a fornire o creare dossieraggi illegali su imprese e volti noti, il 19 maggio del 2023 chiede di realizzare un report sul presidente del Senato. All’interlocutore il presidente di Fiera Milano dice: “fammene un’altra…Ignazio La Russa!”.  

Intercettato, in via Pattari sede della società Equalize di cui è socio di maggioranza, Pazzali aggiunge: “E metti anche un altro se c’è … eh … come si chiama l’altro figlio? come si chiama? Eh … Geronimo come si chiama Geronimo La Russa? ma non si chiama Geronimo…come si chiama? Antonino? Metti Antonino La Russa… stavo pensando sia Antonino che Ignazio”. Il passaggio è riportato tra gli atti dell’inchiesta coordinata dalla Dda di Milano.  

Secondo quanto scrive il pm di Milano Francesco De Tommasi nella richiesta di arresto, i protagonisti della presunta associazione “sono soggetti che godono di appoggi di alto livello, in vari ambienti, anche quello della criminalità mafiosa e quello dei servizi segreti, pure stranieri, e che spesso promettono e si vantano di poter intervenire su indagini e processi, per bloccare iniziative giudiziarie”. 

Le investigazioni “hanno dimostrato che la rete criminale in cui il gruppo di via Pattari (sede della società Equalize, ndr) si muove è assai vasta e strutturata per così dire ‘a grappolo’, nel senso che ogni componente del sodalizio e ogni collaboratore esterno dello stesso hanno a loro volta ulteriori contatti, nelle forze dell’ordine e nelle altre pubbliche amministrazioni, attraverso cui reperire illecitamente dati e informazioni riservate e sensibili”.  

In tal senso scrive il pubblico ministero in forza alla Dda di Milano, “per creare dunque una spaccatura netta tra i soggetti per cui si richiedono le misure cautelari e i tanti soggetti, alcuni non ancora identificati, che potrebbero fornire loro un qualche aiuto per scalfire il granitico quadro indiziario emerso dalle indagini, occorre applicare necessariamente la custodia cautelare”. Arresti in carcere che il gip ha respinto.  

 

 

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