Governo Meloni, il nodo economia: quale ministro e quale politica?

(Adnkronos) – Il nome del nuovo ministro dell’Economia e la politica economica che potrà sviluppare. Sono due variabili, strettamente legate tra loro, che incidono in maniera sostanziale sulla nascita del nuovo governo Meloni. I tempi stringono e le trattative in corso devono portare a una soluzione nelle prossime ore. Non si tratta solo di individuare la figura giusta, che possa tenere insieme autorevolezza, credibilità e tenuta sul piano politico. Sul tavolo c’è anche, se non soprattutto, il verso e il colore che il nuovo esecutivo a guida FdI vuole dare alla sua politica economica.  

Sul primo fronte, si parte dalle ultime indiscrezioni che contrappongono una soluzione politica che avrebbe delle implicazioni importanti sugli equilibri all’interno della maggioranza, la nomina dell’attuale ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, e una soluzione tecnica, che nella girandola di nomi proposti, tra rifiuti, passi indietro e ipotesi non percorribili, ha visto accreditati Fabio Panetta, Domenico Siniscalco, Dario Scannapieco. Tutti profili di primissimo piano che, per ragioni diverse, sembrano indisponibili all’incarico. Gli ultimi due nomi emersi, quelli di Gaetano Micciché e di Luigi Federico Signorini, sono lontani per storia professionale ma entrambi spendibili sul piano dell’autorevolezza. 

Se la scelta cadesse su Giorgetti, la Lega avrebbe il ministero centrale nell’azione di governo ma il leader Matteo Salvini dovrebbe sicuramente ridimensionare le sue ambizioni personali e quelle degli altri esponenti del Carroccio in corsa. Soprattutto, dovrebbe scommettere sul rapporto con l’attuale ministro dello Sviluppo economico, che negli ultimi mesi si è complicato sul piano politico e sul piano personale. Giorgia Meloni potrebbe contare su un ministro dell’Economia affidabile e con una buona reputazione, anche internazionale, e su un interlocutore di peso nell’ala della Lega più moderata. Forza Italia, dall’incastro delle caselle che ne deriverebbe, potrebbe trovare più spazio del previsto. Non è assolutamente detto, però, che si riesca a chiudere la partita con la soddisfazione di tutte le parti in causa. L’opzione tecnica, più neutra sul piano delle ricadute interne alla maggioranza, ha sempre l’incognita della tenuta nel tempo rispetto alle pressioni che arriverebbero dai tre alleati di governo, impegnati anche a mantenere o a riconquistare consenso elettorale. 

In un caso e nell’altro, il tema centrale è quale politica economica il prossimo governo vuole impostare. In questo caso si parte dai programmi elettorali, tra proclami e promesse fatte, di Fdi, Lega e Forza Italia. Sono profondamente diversi tra loro e su diversi punti incompatibili. Anche solo schematizzando: Flat tax sì, per Lega e FI (anche se con aliquota e impatto differenti), flat tax no, per FdI; scostamento di bilancio sì, per la Lega, scostamento no per Forza Italia e FdI; attacco frontale alla legge Fornero, che tornerebbe dal 2023 a far sentire i suoi effetti, per la Lega, un approccio più moderato per FdI e Forza Italia; impegno deciso per una riduzione del carico fiscale sul lavoro per FdI, pace fiscale per Lega e Forza Italia. 

Si potrebbe andare avanti a lungo ma la sintesi è che l’economia sarà un banco di prova sostanziale per le ambizioni del nuovo governo. (di Fabio Insenga)  

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