Il ‘grande gioco’ del dopoguerra in Libano, cosa fanno Usa e Iran?

(Adnkronos) – Gli Stati Uniti, da una parte. L’Iran, dall’altra. Il Libano, nel mezzo, con le operazioni militari israeliane in corso in un Paese storicamente segnato da divisioni politiche e confessionali, con un governo ad interim da due anni e alle prese dal 2019 con la crisi finanziaria più grave della sua storia. Secondo una fonte del Washington Post, nell’ambito delle consultazioni con gli Stati Uniti, Israele ha fatto sapere dell’intenzione di concludere le operazioni nel Paese dei Cedri nelle prossime settimane.  

Qui l’obiettivo dichiarato di Israele è colpire Hezbollah, di cui l’Iran è storicamente sponsor. Washington e Teheran, scrive l’agenzia israeliana Tps, “manovrano per l’influenza” nel dopoguerra in Libano, mentre gli Stati Uniti starebbero cercando di ridurre il dominio di Hezbollah – gruppo combattente e forza politica – nel Paese dei Cedri. 

Un’analisi in linea con quanto scriveva nei giorni scorsi il Wall Street Journal secondo cui gli Stati Uniti intravedono la possibilità di una svolta politica in Libano e l’Amministrazione Biden starebbe spingendo per sfruttare l’offensiva israeliana contro Hezbollah come un’occasione per porre fine al predominio del gruppo ed eleggere un nuovo presidente della Repubblica. 

Il Partito di Dio è ‘orfano’ del suo leader, Hassan Nasrallah, ucciso in un raid israeliano a Beirut il 27 settembre scorso. Si attende un nuovo discorso, il terzo da quel giorno, del numero due Naim Qassem. La Tps scrive di un “consenso crescente all’interno di Usa e alleati arabi secondo cui ci potrebbero essere cambiamenti significativi nel panorama politico del Libano” e di come i colloqui tra funzionari americani ed esponenti politici libanesi – dal premier Najib Miqati al capo del Parlamento, l’inamovibile sciita Nabih Berri – si siano concentrati sulla soluzione dello stallo politico e sull’organizzazione delle elezioni presidenziali.  

Un’elezione, da parte del Parlamento, che il Libano attende dal 2022, dalla fine del mandato di Michel Aoun. Il Wsj scriveva di colloqui nei giorni scorsi tra il segretario di Stato Usa, Anthony Blinken, e i leader di Qatar, Egitto e Arabia Saudita per chiedere loro di sostenere l’elezione di un nuovo capo di Stato (che è anche il comandante delle Forze Armate) e di come l’inviato Usa Amos Hochstein avrebbe detto agli interlocutori arabi che l’indebolimento di Hezbollah dovrebbe essere considerato un’opportunità per sbloccare potenzialmente lo stallo. Un’iniziativa che, stando alle fonti del giornale, avrebbe il sostegno dell’Arabia Saudita, mentre funzionari di Egitto e Qatar avrebbero riferito agli americani di considerare il piano irrealistico e anche pericoloso. 

Secondo l’agenzia israeliana, l’approccio americano sembra concentrarsi sull’incoraggiare la formazione di un nuovo governo che escluda Hezbollah dal potere. 

Anche l’Iran ha intensificato l’attività diplomatica in Libano. Nel giro di pochi giorni sono sbarcati a Beirut il numero uno della diplomazia di Teheran, Abbas Araghchi, e il capo del Parlamento, Mohammad Bagher Ghalibaf. Quest’ultimo è stato anche a Dahiyeh, storica roccaforte di Hezbollah nella periferia sud di Beirut, martellata nelle scorse settimane dai raid israeliani, ma da qualche giorno tenuta fuori dalle operazioni. E questa tappa, evidenzia l’agenzia israeliana, è stata vista come un segnale della determinazione di Teheran a mantenere il suo ‘piede’ in Libano. 

Nel Paese dei Cedri gli Usa assicurano sostegno finanziario alle Forze Armate libanesi e la Tps evidenzia l’esistenza di voci secondo cui gli Usa vedrebbero nel capo di Stato Maggiore, generale Joseph Aoun, un possibile leader in un nuovo ordine politico. Anche in Libano, come tradizione vuole, sarebbero in corso in contatti tra leader politici da sempre rivali ma uniti dalla contrapposizione a Hezbollah. 

Sono passate solo poco più di due settimane da quando gli Stati Uniti e la Francia chiedevano un cessate il fuoco immediato di 21 giorni in Libano. Ma nel frattempo veniva ucciso Nasrallah. E mentre tutti continuano a parlare della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza Onu, che nel 2006 pose fine ai 34 giorni di guerra tra Israele e Hezbollah, ma che non è mai stata del tutto attuata, l’Unifil è finita sotto il fuoco israeliano in terra libanese. 

(Adnkronos)