Israele e la guerra totale, armi ai civili dopo attacco Hamas

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Israele arma i civili. Non solo l’esercito, con il richiamo per 300mila riservisti. Dopo l’attacco di Hamas alle comunità di confine, in cui sono rimaste uccise circa 900 persone ed oltre un centinaio sono stati rapiti, il ministro della sicurezza nazionale israeliano, il leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit Itamar Ben Gvir, ha ordinato l’acquisto di 10mila fucili per armare le squadre di sicurezza civili nelle città vicine al confine e nelle colonie in Cisgiordania.  

“Metteremo il mondo sottosopra in modo che le cittadine siano protette, ho dato ordine di armare in modo massiccio le squadre di sicurezza civili”, ha dichiarato il ministro, che in passato è stato condannato per aver sostenuto un’organizzazione terroristica e incitamento al razzismo degli arabi.  

Le armi saranno consegnate, ha continuato il ministro, alle “centinaia di cittadine e insediamenti che hanno squadre di sicurezza civili collegate alle forze della polizia di frontiera israeliane”. Sono state già acquistate 4mila armi che saranno distribuite immediatamente, insieme a elmetti e giubbotti anti-proiettili.  

Il Pentagono sta “aumentando drasticamente” il suo sostegno militare a Israele dopo l’attacco di Hamas che ha provocato 900 morti e decine di ostaggi, tra i quali diversi cittadini americani. “Noi rimaniamo in costante, continuo contatto con la nostra controparte in Israele per determinare e quindi rispondere alle loro richieste più urgenti”, ha detto un funzionario della Difesa, spiegando che queste comprendono “munizioni di vario tipo e altro equipaggiamento”. 

Dal Pentagono si spiega che da una parte si sta sollecitando “l’industria bellica Usa a velocizzare la consegna di equipaggiamento militare” e dall’altra si sta “valutando quale tipo di munizioni e equipaggiamento sono negli arsenali Usa che possano essere velocemente disponibili per Israele”. 

L’azione di Washington non si ferma qui: il gruppo d’attacco della portaerei USS Gerald R. Ford, con un totale tra i 5mila e i 6mila militari a bordo delle navi, oggi arriverà nel Mediterraneo orientale, dopo che ieri i siti di monitoraggio marittimo davano la flotta a largo delle coste orientali italiane. Il Pentagono prevede anche che nei prossimi giorni il dispiegamento nella regione di F35 e F15. 

“Al momento il focus è portare i posizione gli asset che sono stati impegnati in modo da fornire le più ampie opzioni ai comandi nazionali”, spiega un altro funzionario della Difesa Usa. Anche se le capacità di intelligence del gruppo di attacco potranno essere d’aiuto ad Israele per individuare gli obiettivi da attaccare a Gaza, il suo dispiegamento è teso principalmente come monito contro le organizzazioni militari sostenute dall’Iran, prima di tutto Hezbollah. 

Le preoccupazione è che Hezbollah “prenda una decisione sbagliata e scelga di aprire un secondo fronte del conflitto”, spiegano le fonti del Pentagono, sottolineando che “questa è una delle principali ragioni per cui stiamo aumentando così velocemente la nostra presenza marittima nell’est del Mediterraneo”. 

Il generale Charles Q. Brown Jr., nuovo capo degli Stati Maggiori Riuniti, ha lanciato un “forte messaggio sul fatto che non vogliamo che questo si allarghi, e l’idea è che l’Iran riceva questo messaggio forte e chiaro”. In ogni caso Washington non intende “inviare truppe sul terreno”, ha assicurato il portavoce del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, John Kirby. “Detto questo – ha aggiunto – il presidente Biden garantirà sempre che i nostri interessi nazionali siano protetti”. 

 

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