“Se vinceremo le elezioni, per il consiglio dei ministri, ho in mente nomi di persone esterne a Fratelli d’Italia, ma con noi compatibili. Persone della società civile con cui intrattengo rapporti che hanno grande competenza e il coraggio che serve”. Lo dice Giorgia Meloni a Bruno Vespa nel libro “Perché Mussolini rovinò l’Italia (e come Draghi la sta risanando)”, in uscita il 4 novembre per Mondadori Rai libri. Alla domanda di Vespa se ci sarà mai un governo Meloni, il presidente di Fratelli d’Italia risponde: “Questo va chiesto agli italiani. In ogni caso non dovremo fermarci al mio nome”.
I contrasti con Salvini hanno raggiunto momenti paradossali, osserva Vespa. “Abbiamo due caratteri molto diversi – risponde Giorgia Meloni – Io diretta al limite dello sgarbo, lui più riflessivo. Abbiamo avuto, a volte, una difficoltà obiettiva a capirci”. Addirittura non vi siete parlati per settimane…“E’ accaduto, ma molta rivalità è stata costruita dagli altri. Quando noi eravamo un piccolo partito, arrivava gente che mi diceva: Salvini ti distruggerà. Adesso a lui dicono il contrario. Ma sul territorio le coalizioni sono sempre state unite. E anche noi due ci siamo ritrovati bene”.
“E’ un rapporto dipinto peggio di come è – dice Matteo Salvini nel libro di Vespa -. Fino a metà luglio le cose andavano abbastanza bene. Poi Fratelli d’Italia voleva uno spazio che non gli è stato dato nel Consiglio d’amministrazione Rai e questa vicenda ha avvelenato i pozzi. Ma dopo il trattamento mediatico che abbiamo subito per le vicende Morisi e Fidanza abbiamo capito che se procediamo divisi, magari prendendoci a sberle, non andiamo da nessuna parte. Se siamo uniti è tutto un altro paio di maniche…”.
Con Mario Draghi, continua la leader FdI, “ho un rapporto buono e cordiale”. “Prima delle consultazioni non lo conoscevo e – al contrario di altri – non lo avevo mai incontrato informalmente – prosegue Meloni -. Draghi ha voglia di ascoltare. Tra il primo e il secondo giro di consultazioni, abbiamo mandato a Draghi sei dossier. Gli ho suggerito discontinuità per esempio sulla gestione commissariale di Arcuri. Quando ci siamo visti mi ha detto: l’ho letto. Pochi giorni dopo Arcuri è stato sostituito. La stessa cosa è avvenuta con il blocco del cash back. Ha trovato la nostra proposta interessante e l’ha attuata”.
Ha subito pressioni per entrare nel governo Draghi? “No. Alcuni inviti venivano dal sistema produttivo, non dal mondo politico. Nessuno dei miei voleva entrare. Rifiuto unanime, al contrario di quel che accadde alla nascita del governo gialloverde Di Maio-Salvini. Ci fu, allora, un grande dibattito al nostro interno, una forte divisione perché si trattava di un governo antisistema. Adesso zero obiezioni”. Ma c’è chi vede in lei una nuova Marine Le Pen: tanti voti, ma sempre fuori dal Palazzo…“Per quanto mi riguarda, immagino di aver evitato l’isolamento della Le Pen non solo perché ricordo che sono a capo del partito Conservatore europeo, formazione politica diversa da quella del Rassemblement National, ma ancor di più perché il lavoro fatto su Fratelli d’Italia ci ha fatto crescere moltissimo soprattutto tra i ceti produttivi: abbiamo parlato di temi molto concreti e poco ideologici: tasse, imprese che chiudono, valorizzazione del marchio Italia. Certo, sicuramente siamo distonici rispetto al sistema. Il vero problema – nostro e dell’Italia – è la saldatura tra sinistra, poteri forti e consorterie europee”.