Mes, stop da Camera con maggioranza divisa. Governo minimizza: “Nessun fallo di reazione”

(Adnkronos) – “Non è un fallo di reazione”, assicurano fonti vicine alla premier Giorgia Meloni smorzando i toni: “Lo stop al Mes? Assolutamente non c’entra nulla il Patto di Stabilità”. Fatto sta, che l’altolà della Camera arriva a meno di 24 ore dal disco verde dell’Ecofin alle nuove regole europee. Regole che Roma approva, pur mostrando scarso entusiasmo. E’ così che tra Camera e Senato rimbalza un vecchio adagio attribuito a Giulio Andreotti: a pensar male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca. Complice il fatto che il voto sul Mes è arrivato con un’accelerazione inattesa e con la maggioranza sostanzialmente divisa.  

A smorzare i toni, mentre le opposizioni mordono denunciando una debacle per l’Italia, è Giovanbattista Fazzolari, sottosegretario alla presidenza del Consiglio e fedelissimo di Meloni, che, ospite di ‘Cinque minuti’, rivendica come col nuovo Patto di stabilità europeo l’Italia guadagni “35 miliardi di euro l’anno: questa la differenza fra i vecchi parametri e i nuovi”. Mentre sul Mes il governo, osserva, “si è rimesso al voto parlamentare, il Parlamento ha deciso di votare contro la modifica dell’attuale Mes. Il Mes rimane in piedi ma non si estende il meccanismo anche al salvataggio delle grandi banche in difficoltà. All’Italia questo non serve, il nostro sistema bancario è tra i più solidi d’Europa e del mondo intero e non abbiamo bisogno di modificarlo per salvare grandi banche in difficoltà di altri Stati”.  

A spingere per il voto dell’Aula la Lega, d’accordo Fdi. Mercoledì sera il vertice a tre –da remoto, visto che la premier è ancora malata- ha visto Meloni, Salvini e Tajani tracciare la strada: si va al voto ma mentre Fdi e Lega scelgono convintamente il no, Fi si asterrà, questo il punto di caduta. Che Forza Italia vede comunque come “una forzatura”. A stretto giro dalla pronuncia di Montecitorio –con tanto di opposizioni sulle barricate, al punto che l’intervento del leader del M5S Giuseppe Conte manda letteralmente in tilt i sottotitoli automatici- fonti di Palazzo Chigi osservano come “la scelta del Parlamento italiano di non procedere alla ratifica del Mes” possa “essere l’occasione per avviare una riflessione in sede europea su nuove ed eventuali modifiche al trattato, più utili all’intera Eurozona”. 

“In ogni caso”, per l’obiettivo per cui è stato ideato -ovvero il “sostegno agli Stati membri in difficoltà finanziaria”- il Mes “è in piena funzione nella sua configurazione originaria”. Esulta Matteo Salvini, per “una battaglia vinta dalla Lega”, mentre Fdi rivendica “l’ennesima dimostrazione di coerenza”, accusando il M5S –da giorni in guerra con la premier per le accuse mosse in Parlamento- di essere “peggio di Dr. Jekyll e Mr.Hyde”. L'”anomalia” della vicenda Mes è dovuta al fatto che “il Movimento 5 Stelle si dichiarava contrario” e “poi ha avuto Giuseppe Conte che ha votato a favore della modifica creando questa grande confusione in Italia”, punge Fazzolari dallo studio di Bruno Vespa. 

Fi, Bastian contrario di questa giornata, denuncia la “forzatura”. Niente divisioni, assicura all’Adnkronos il capogruppo alla Camera Paolo Barelli, ”il governo è unito, ma noi abbiamo un Dna diverso, noi siamo europeisti, la nostra posizione in Europa è diversa da quella della Lega e di Fdi ma questa non è una novità. Per cui, siamo stati lineari e abbiamo preferito astenerci”.  

Intanto in maggioranza si minimizza sui possibili contraccolpi in Europa, per una scelta che potrebbe essere vista come un dito cacciato nell’occhio di Bruxelles. Il prossimo step è il Senato, e nelle file di Forza Italia si spera che, da qui al voto di Palazzo Madama, qualcosa possa cambiare, introducendo ad esempio una ‘clausola alla tedesca’, ovvero l’obbligo di un voto a maggioranza qualificata in caso di attivazione di uno strumento senz’altro divisivo. Ma è difficile che qualcosa possa cambiare, tanto più con l’approssimarsi del voto delle europee. “Il Mes? Già mi immagino i toni in campagna elettorale…”, si lascia sfuggire un esponente di governo in quota Fi allontanandosi da Montecitorio. 

(Adnkronos)