(Adnkronos) –
Unione Europea verso l’accordo sui migranti, a otto anni dalla crisi migratoria del 2015 che mise definitivamente a nudo l’inadeguatezza del sistema di Dublino, sull’architrave di un nuovo patto in materia di migrazione e asilo, che preveda un equilibrio tra solidarietà e responsabilità accettabile per la maggioranza.
Sul tavolo oggi dei ministri dell’Interno dell’Ue a Lussemburgo c’è la posizione negoziale del Consiglio sul regolamento in materia di gestione dell’asilo e della migrazione e sul regolamento sulle procedure di asilo, due file chiave del patto Ue messo sul tavolo dalla Commissione di Ursula von der Leyen nel settembre 2020, dopo che la Commissione di Jean-Claude Juncker aveva fallito nel tentativo di costringere gli Stati ad accettare ricollocamenti obbligatori di richiedenti asilo dai Paesi di primo arrivo sotto pressione. I due regolamenti andranno poi negoziati con il Parlamento Europeo, l’altro colegislatore Ue.
“Se deve esserci un accordo, dev’essere oggi. Siamo così vicini che non c’è alcuna ragione accettabile per non percorrere oggi l’ultimo miglio”, sottolinea la ministra per le Migrazioni svedese, Maria Malmer Stenergard. La Svezia ha la presidenza di turno del Consiglio Ue. “Non sarà mai più facile” di oggi, dice Stenergard, anche se “non è facile e ho pieno rispetto per le situazioni uniche” in cui si trovano i singoli Paesi. “E’ un buon pacchetto e la cosa responsabile da fare è trovare un accordo ora, in modo da poter procedere”. La ministra conferma che, riguardo alla cifra che dovrebbero versare ai Paesi di primo arrivo gli Stati che scelgono di non accettare ricollocamenti dai Paesi in difficoltà, “l’ultima proposta è di 20mila euro” per ogni richiedente asilo non ricollocato. Le probabilità di successo, conclude, “sono sempre 50 e 50: o ce la fai oppure no. Vedremo”.
Si tratta di un “pacchetto di fermezza e di solidarietà” per la gestione delle politiche migratorie, che sarebbe “importante” approvare, anche “nella prospettiva delle elezioni europee”, ha detto il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin. “Sono sicuro che troveremo un accordo” sulla posizione negoziale del Consiglio su due regolamenti chiave del patto Ue sulla migrazione e l’asilo, perché sennò “perderemo tutti. Siamo molto vicini a trovare l’equilibrio tra responsabilità e solidarietà”, afferma dal canto suo il ministro dell’Interno spagnolo Fernando Grande-Marlaska Gòmez.
La chiave di volta è il passaggio dai ricollocamenti obbligatori, affondati nella scorsa legislatura dal gruppo di Visegrad spalleggiato da Donald Tusk, alla “solidarietà obbligatoria” con i Paesi sotto pressione, che potrà consistere in ricollocamenti, in contributi finanziari (in ragione di 20mila euro per ogni persona non ricollocata, secondo l’ultima proposta) o in equipaggiamenti utili a controllare i flussi migratori. E’ quella che un tempo i Paesi mediterranei bollavano come ‘solidarietà à la carte’, ma è anche l’unico compromesso realisticamente raggiungibile: il tempo ha dimostrato che i ricollocamenti obbligatori non ottengono la maggioranza in Consiglio. A cambiare il clima, ha spiegato un alto funzionario, ha contribuito anche il massiccio afflusso di rifugiati dall’Ucraina, che ha fatto toccare con mano a Paesi prima relativamente protetti dalle migrazioni che cosa vuol dire dover gestire flussi massicci di persone.
Il tema è così politicamente sensibile, e le posizioni tra i Paesi così diverse, che trovare una ‘zona di atterraggio’ per un compromesso che accontenti tutti, incluse le ali estreme, è molto difficile. Pertanto, la presidenza ha deciso di procedere a maggioranza qualificata, “sennò non troveremo mai un accordo”, spiega un alto funzionario Ue. I Paesi sono attualmente divisi tra “alcuni” che sono favorevoli al compromesso sul tavolo, “pochi” che sono contrari (Ungheria e Polonia sono sicuramente contro) e “molti” che sarebbero favorevoli, ma a fronte di ulteriori concessioni.
L’Italia dovrebbe collocarsi in questo ultimo gruppo: l’atteggiamento del nostro Paese sarà cruciale per l’esito del Consiglio di domani, viste le sue dimensioni e la sua centralità sul tema della migrazioni. Per una fonte diplomatica Ue, arrivare ad una maggioranza qualificata senza l’Italia su questo dossier è “possibile”, ma di certo “non è desiderabile”. Le trattative dunque vanno avanti, ma “il negoziato a un certo punto deve finire” e “quel momento è domani”, spiega un alto funzionario Ue. Procedere a maggioranza qualificata su una materia politicamente esplosiva è sempre un rischio, ma la fonte assicura che l’Ue ha i “mezzi” per far applicare le leggi che approva.
Si vedrà: Budapest e Varsavia hanno già dato prova di essere ossi molto duri. L’obiettivo è trovare l’accordo nel Consiglio Ue, a livello di ministri, dove vale la maggioranza qualificata, senza far ‘salire’ il dossier fino al Consiglio Europeo. “Non ho sentito nessuno, a parte uno o due, che abbia chiesto di discutere di questo nel Consiglio Europeo di giugno – spiega la fonte – i leader discuteranno della dimensione esterna delle migrazioni, ma il lavoro legislativo deve essere fatto in Consiglio”. Perché l’accordo arrivi, e perché i ministri lo trovino sufficientemente attraente da poter essere ‘venduto’ politicamente nei rispettivi Paesi, dovrà esserci anche qualche “elemento sull’aspetto esterno” delle migrazioni, in particolare su “punti caldi” come “la Tunisia”, nei confronti della quale “ci aspettiamo più azione” da parte della Commissione. E’ possibile che su questo arrivi qualche annuncio da palazzo Berlaymont.
Dovrebbe far parte del pacchetto anche un tetto annuo per l’accoglienza dei migranti (“Sopravviverà, non è un punto che vedo attaccato”), per il quale gli Stati membri dovranno dotarsi di una adeguata capacità di accoglienza. E’ “generalmente accettato”, anche per superare una “certa mancanza di fiducia”, che occorreranno “procedure di frontiera più severe”, cosa che sarà “certamente una sfida” per un Paese con lunghissime coste come l’Italia. Dovrebbe essere prevista anche la creazione di centri di raccolta dei migranti alle frontiere degli Stati membri, in territorio di transito oppure nelle vicinanze della frontiera esterna.
In questi centri i migranti verrebbero detenuti in attesa di decidere se accogliere la domanda di asilo o se procedere al rimpatrio. Le procedure saranno espletate in “strutture chiuse”, conferma una fonte diplomatica Ue, ma saranno “relativamente brevi”, con decisioni “rapide” sull’accoglimento della domanda di asilo o sul rimpatrio. Alcuni Paesi, come la Germania, ha riferito il quotidiano spagnolo El Paìs, starebbero tentando di ottenere una clausola per cui non vi possano essere trattenute famiglie con figli minori di 12 anni.