(Adnkronos) – “Ci sono troppe cose che non tornano in questa vicenda. E’ una vicenda che parte da Ischia (indagine Cpl Concordia, ndr) dove non c’entravamo nulla e in molti dicevano da ‘Napoli arriverà un siluro per Renzi’. Io non credo ai complotti ma troppe cose non tornano in questa vicenda”. Così l’ex premier Matteo Renzi sentito come testimone al processo Consip a Roma, che vede tra gli imputati Tiziano Renzi, padre del leader di Italia Viva.
L’audizione di Matteo Renzi davanti all’ottava sezione penale di Roma, iniziata poco dopo le 15.30, inizialmente fissata per la scorsa settimana, era poi slittata per impegni all’estero. Nel procedimento sono imputati, tra gli altri, anche l’imprenditore Alfredo Romeo, l’ex parlamentare Italo Bocchino, il manager Carlo Russo, l’ex ministro Luca Lotti e l’ex generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia.
“La verità è che mio padre non ha preso un euro da Romeo. Mentre invece ha preso migliaia di euro da Marco Lillo e da Il Fatto quotidiano”, ha detto Renzi a margine dell’udienza Consip.
“Oggi mi sento in colpa per non aver creduto a mio padre. In questa vicenda ho fatto il capolavoro di non credere a mio papà mettendo a dura prova il rapporto padre-figlio su una vicenda che politicamente non esiste. La vicenda vera è quella delle mascherine, quelli sono appalti importanti”, ha detto durante l’audizione.
“Con mio padre ho avuto qualche discussione – ha aggiunto l’ex premier rispondendo alle domande del pm Mario Palazzi- Leggo su un quotidiano che mio padre avrebbe fatto un incontro in una bettola segreta e allora chiamo mio padre e alzo un po’ la voce. Mio padre però non me lo vedevo a fare il traffichino, e infatti gli unici soldi che ha preso sono quelli delle cause per le diffamazioni. Politicamente la Consip ma chi la seguiva? Ci sono troppe cose che non tornano in questa vicenda”. Alla domanda del pm su chi fosse il Luca a cui faceva riferimento, Renzi ha spiegato “era Luca Mirco avvocato di mio padre”.
“Ai miei ho sempre detto ‘attenti che l’unico modo con cui possono farci secchi è la via giudiziaria’”, ha sottolineato ricordando: “Io ero presidente del Consiglio quando Marco Minniti mi propose di coinvolgere un gruppo di persone, tra cui il Capitano ‘Ultimo’, nell’Aisi perché io avevo una fissazione: avevo chiesto di prendere Messina Denaro”. “Messina Denaro era, soprattutto 8 anni fa, il boss dei boss quindi dissi: ‘se riusciamo a dare un messaggio del genere facciamo un’operazione internazionale’ e ne parlai anche con l’allora presidente degli Stati Uniti”, ha spiegato Renzi. “Io dissi quindi a Minniti che non mettevo bocca sul prendere ‘Ultimo’, scopro solo dopo però che era stato preso non all’Aisi ma all’Aise. Da qui iniziano poi a venire fuori tutta una serie di elementi che renderanno la storia molto più complessa”.
“Non ho ascoltato le dichiarazioni del ministro Nordio perché ero in Commissione Esteri. Le dichiarazioni di Nordio del passato mi vedono molto convinto, poi vediamo che succederà, vedremo se si passerà dalle parole ai fatti, come ci auguriamo”, ha detto Renzi arrivando in tribunale a piazzale Clodio.