(Adnkronos) – (dall’inviata Giorgia Sodaro) – I giudici della Corte d’Assise del Tribunale di Cassino si sono ritirati in Camera di Consiglio per emettere la sentenza del processo per l’omicidio di Serena Mollicone. La sentenza, dopo un giallo lungo 21 anni, è attesa in serata. “Abbiamo tanto atteso questo giorno, soprattutto mio padre, speriamo che lui sia con noi”, ha detto Consuelo Mollicone, sorella di Serena, la giovane di Arce uccisa nel 2001, a pochi minuti dall’inizio dell’ultima udienza del processo per l’omicidio.
Serena sarebbe stata uccisa all’interno della caserma dei carabinieri di Arce il 1 giugno del 2001. La giovane sarebbe stata sbattuta contro la porta di un alloggio al termine di una colluttazione, intorno alle 11.30 di mattina. Svenuta e con un trauma alla testa importante ma non letale, sarebbe stata soffocata con un sacchetto di plastica e con un nastro adesivo che le ha avvolto la bocca. Quindi sarebbe morta dopo cinque ore di agonia. Nella notte tra il 1 e il 2 giugno il corpo sarebbe stato trasferito nel bosco di Fonte Cupa, dove fu poi ritrovato il 3 giugno. Questa la ricostruzione dell’omicidio della 18enne, sostenuta dalle pm della procura di Cassino, Beatrice Siravo e Carmen Fusco, nel corso del processo.
A compiere il delitto, sempre secondo tesi che la procura ha portato avanti in dibattimento, l’intera famiglia Mottola. Sarebbe stato Marco Mottola a spingere Serena contro la porta e poi sarebbero entrati in scena il padre e la madre, che dopo aver aiutato il figlio a portare a termine il delitto, avrebbero occultato il cadavere. ‘”Il delitto di omicidio accomuna tutti i componenti della famiglia Mottola – sostengono le pm nel corso della requisitoria -. Se immediatamente soccorsa, Serena si sarebbe salvata ma muore per effetto di una condotta attiva, perché i Mottola tutti presenti e tutti concordi sul da farsi, davanti a una ragazza svenuta ma viva, le ostruiscono le vie aree e le chiudono il capo con un sacchetto di plastica e con il nastro adesivo”. ”Marco, Franco e Annamaria non soltanto hanno concorso attivamente a uccidere Serena Mollicone ma sono tutti titolari di una posizione di garanzia” come ”i Ciontoli nell’omicidio di Marco Vannini”, sostengono le pm.
Per suffragare la sua ricostruzione e in particolare dimostrare che la porta è l’arma del delitto, la procura di Cassino cita la superperizia di Cristina Cattaneo, medico legale che dirige il Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università di Milano, decisiva per la riapertura delle indagini. “Il cranio di Serena Mollicone può aver creato quel buco nella porta? – si chiede in aula la Cattaneo – Assolutamente sì. L’arcata zigomatica di Serena combacia molto bene con la rottura nella porta”, ha aggiunto, tanto che “facendo la simulazione con i prototipi il cranio rimane incastrato”. ‘’Dopo aver risposto a questa domanda siamo andati avanti con le nostre analisi per verificare se ci fosse stato uno scambio di materiali tra la testa di Serena Mollicone e la porta”, spiega il medico legale.
Sul nastro adesivo che avvolgeva la testa di Serena Mollicone, in base alle attività scientifiche eseguite dal Ris dei carabinieri di Roma, sono state isolate tracce di legno, resina e vernice. Microframmenti, secondo le analisi, morfologicamente e chimicamente coerenti con il legno della porta e la caldaia sul balcone di un alloggio della caserma di Arce.
In sostanza, secondo la procura, ci sarebbe una ”perfetta compatibilità” tra le lesioni riportate dalla vittima e la rottura della porta collocata in caserma e “la perfetta compatibilità” tra i microframmenti rinvenuti sul nastro adesivo che avvolgeva il capo della vittima e il legno di quella porta e con il coperchio di una caldaia della caserma.
E a offrire riscontro alle analisi scientifiche, sempre secondo l’accusa, sono le dichiarazioni che il 28 marzo e il 9 aprile 2008 rese il brigadiere Santino Tuzi, in servizio nel 2001 ad Arce e morto suicida l’11 aprile del 2008. Il brigadiere disse di aver visto Serena Mollicone entrare in caserma la mattina del 1 giugno 2001 e di non averla più vista uscire. In aula le pm hanno ricordato un passaggio dell’interrogatorio del 28 marzo ”Tuzi – dicono – confermò di aver visto entrare in caserma Serena che indossava una maglietta rossa, leggins neri, scarponcini e una borsetta a tracolla a forma di parallelepipedo”. Tuzi disse di aver ricevuto una chiamata dagli alloggi, ‘deduco Marco Mottola, che mi informa che sta per arrivare una persona e di aprire il cancello. Ho aperto il cancello a una ragazza che aveva i capelli lisci ed era Serena Mollicone’, raccontò Tuzi’’.
Tuzi però poi si suicida. E secondo la procura il suicidio sarebbe in stretta relazione con le sue rivelazioni sull’omicidio Mollicone rese pochissimi giorni prima. ”Santino Tuzi si è suicidato perché lasciato solo da tutti quelli che sapevano la verità” ma anche perché ”sapeva”, dice la pm Beatrice Siravo durante il processo. ”Se Santino non si fosse suicidato, visto che nessuno confermava le sue dichiarazioni, sarebbe andato a giudizio per l’omicidio come è accaduto a Carmine Belli”, ha sostenuto. ”Vorrei riabilitare l’immagine di Santino – ha concluso – E’ stato l’unico che ha rotto il muro del silenzio e ha pagato con la vita le sue dichiarazioni”.
Al termine del processo quindi la procura avanza le sue richieste di pena: 30 anni per il maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, 24 anni per il figlio Marco e 21 anni per la moglie Annamaria. L’accusa è di concorso in omicidio. Imputati nel dibattimento anche il maresciallo Vincenzo Quatrale, secondo la procura presente in caserma la mattina del 1 giugno, che è accusato di concorso nell’omicidio e per cui sono stati chiesti 15 anni, e l’appuntato Francesco Suprano, per cui la richiesta è di 4 anni per favoreggiamento.
– 1 GIUGNO 2001: Serena Mollicone esce di casa di buon mattino. Una giornata come tante, fino a quel momento, per la diciottenne di Arce, che dopo aver preparato la colazione al padre, con cui vive sola dalla scomparsa della mamma, esce per recarsi all’ospedale di Sora dove ha un appuntamento fissato da qualche giorno per un’ortopanoramica. Da quel momento però non farà più ritorno a casa e le ultime ore della sua vita restano un mistero. All’ora di pranzo il padre, Guglielmo Mollicone, maestro elementare e titolare di una cartoleria ad Arce, inizia a preoccuparsi per l’assenza della figlia e nel pomeriggio ne denuncia la scomparsa ai carabinieri. Cominciano le ricerche: forze dell’ordine e volontari setacciano i paesi del circondario con una foto di Serena nella speranza di rintracciarla.
-3 GIUGNO 2001: due volontari della Protezione Civile trovano il corpo di Serena abbandonato sull’erba, vicino a un mucchio di rifiuti e seminascosto da una lavatrice e altri rifiuti ingombranti, in un boschetto all’Anitrella. Iniziano le indagini, coordinate dal procuratore della Repubblica di Cassino, Gianfranco Izzo e dai sostituti procuratori Maurizio Arcuri e Carlo Morra. Serena viene trovata con mani e piedi legati da nastro adesivo e fil di ferro e un sacchetto dell’eurospin in testa.
– 6 FEBBRAIO 2003: A quasi due anni dal delitto viene arrestato il carrozziere Carmine Belli, che entra nella caserma dei carabinieri con l’aria innocua e spaventata. Continua a ripetere di non essere lui il colpevole e di non sapere assolutamente nulla su quell’orribile delitto. Ma nessuno gli crede e tre mesi dopo, a fine maggio 2003, la procura di Cassino chiude le indagini e chiede il processo con l’accusa di omicidio volontario. Il 37enne viene rinviato a giudizio, ma i suoi legali gli avvocati Romano Misserville e Silvana Cristoforo continuano a professare la sua innocenza e chiedono ufficialmente in una conferenza stampa, che si indaghi in ambienti più vicini alla famiglia di Serena.
– 14 GENNAIO 2004: Si apre il processo a Carmine Belli davanti alla Corte d’Assise di Cassino. Il carrozziere è accusato di aver ucciso e poi occultato il corpo di Serena Mollicone. La pubblica accusa chiama a testimoniare 57 persone, 150, invece, i testimoni chiamati in causa dai legali della difesa.
– 7 LUGLIO 2004: E’ l’ultimo capitolo del processo in primo grado a Carmine Belli: la difesa chiede l’assoluzione e la Corte d’Assise, presieduta dal giudice Biagio Magliocca, scomparso da qualche anno, si chiude in Camera di Consiglio e nello stesso pomeriggio, alle ore 18, esce con la sua sentenza: assolto.
– 29 SETTEMBRE 2005: Inizia a Roma il processo in Appello dopo il ricorso della procura di Cassino. Carmine Belli però revoca la nomina ai suoi legali e il processo slitta. La Corte d’Assise di Appello, in attesa della nomina di nuovi difensori, dispone che Belli sia assistito da un difensore d’ufficio.
– 31 GENNAIO 2006: Il procuratore generale definisce illogica e contraddittoria l’assoluzione di Belli in primo grado e alla prima Corte d’assise d’Appello di Roma, presieduta da Antonio Cappiello, chiede anche lui una condanna a ventitré anni di reclusione per omicidio volontario e occultamento di cadavere. Secondo il rappresentante della pubblica accusa, l’imputato avrebbe più volte mentito e il suo alibi sarebbe falso. Nello stesso pomeriggio, dopo meno di due ore di Camera di Consiglio, il presidente Cappiello pronuncia la seconda sentenza di assoluzione per Belli, per insufficienza di prove. I familiari della studentessa uccisa vengono invece condannati al pagamento delle spese processuali.
– 6 OTTOBRE 2006: La Prima sezione penale della Cassazione respinge tutti i ricorsi, accoglie la tesi difensiva di Eduardo Rotondi, legale del carrozziere di Arce, e assolve definitivamente Carmine Belli.
– 28 MARZO 2008: il brigadiere Santino Tuzi rende alcune dichiarazioni su Serena Mollicone e racconta di averla vista entrare nella caserma dei carabinieri il 1 giugno 2001 ma di non averla vista uscire.
– 11 APRILE 2008: Santino Tuzi viene trovato morto nella sua auto in un bosco, ucciso da un colpo di pistola al petto. L’ipotesi è di suicidio. La figlia si dirà convinta del legame tra la morte del padre e “la verità sul caso di Serena Mollicone”. “Sono certa che mio padre sapesse qualcosa e che era stato minacciato di ritorsioni nei confronti della famiglia”, dice Maria Tuzi.
– 1 LUGLIO 2009: A 8 anni di distanza dall’assassinio di Serena Mollicone sembra spuntare un nuovo testimone. Una lettera con due fotografie viene recapitata alla redazione della trasmissione televisiva di RaiTre ‘Chi l’ha visto’. Nella missiva, rigorosamente anonima, in due pagine scritte a mano una persona riferisce alcuni momenti salienti che precedono la scomparsa della 18enne di Arce. L’anonimo testimone allega anche due fotografie.
– 27 GIUGNO 2011: Colpo di scena con l’iscrizione di alcune persone nel registro degli indagati dalla procura di Cassino per l’omicidio di Serena Mollicone. Gli indagati, quattro uomini e una donna, dovranno essere sottoposti al test del dna. Si tratta dell’ex fidanzato di Serena, Michele Fioretti e la madre Rosina Partigianoni (le cui posizioni vengono poi archiviate), l’ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, il figlio Marco e un altro carabiniere, Francesco Suprano.
– 18 NOVEMBRE 2011: Iniziano negli uffici della Polizia scientifica a Roma le operazioni per repertare il materiale (capi di abbigliamento e altro) sul quale dovranno essere eseguiti esami e prelievi del dna nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio.
– 18 FEBBRAIO 2015: Dopo una serie di accertamenti prevalentemente tecnici, sia di tipo genetico/biologico, dattiloscopico e in materia botanica, comprensivi di comparazione tra i profili genetici di centinaia di persone, per mancanza di prove certe, la procura di Cassino richiede l’archiviazione del procedimento.
– 13 GENNAIO 2016: In seguito all’opposizione dei familiari della vittima, il gup del Tribunale di Cassino, Angelo Valerio Lanna, dispone il proseguimento delle indagini, indicando quale “tema di approfondimento l’ipotesi investigativa dell’evento omicidiario all’interno della stazione dei carabinieri di Arce”.
– 30 LUGLIO 2019: la procura di Cassino chiede il rinvio a giudizio per cinque persone: si tratta del maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, della moglie Anna Maria, del figlio Marco e del maresciallo Vincenzo Quatrale, che sono accusati di concorso nell’omicidio. Quatrale, inoltre, è accusato di istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi. Infine l’appuntato Francesco Suprano è accusato di favoreggiamento.
– 13 NOVEMBRE 2019: l’udienza preliminare davanti al gup di Cassino Domenico Di Croce che deve decidere sui rinvii a giudizio viene rinviata al 15 gennaio 2020 per un difetto di notifica. In udienza si costituiscono parte civile contro gli indagati i carabinieri, la figlia del brigadiere Santino Tuzi, Maria, il padre e la sorella di Serena Mollicone e altri familiari della 18enne. Tra gli indagati l’unico in aula è Francesco Suprano.
– 15 GENNAIO 2020: La decisione del gup del Tribunale di Cassino sul rinvio a giudizio dei cinque imputati slitta ancora. Nell’udienza il gup Domenico Di Croce, dopo aver esaminato alcune eccezioni sollevate dai difensori degli imputati, ammette la costituzione di parte civile dell’Arma dei Carabinieri, dei familiari di Serena Mollicone e dei familiari del brigadiere Santino Tuzi, morto suicida nel 2008, rinviando la discussione al 7 febbraio.
-24 LUGLIO 2020: Dopo 19 anni tra indagini, colpi di scena e archiviazioni, vengono rinviati a giudizio l’ex maresciallo dei carabinieri, all’epoca del delitto comandante della stazione di Arce, il figlio Marco, la moglie Annamaria e il maresciallo Vincenzo Quatrale (concorso in omicidio). Quatrale, inoltre, è accusato di istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi mentre per l’appuntato Francesco Suprano l’accusa è di favoreggiamento.
– 26 NOVEMBRE 2020: Guglielmo Mollicone, il padre di Serena, viene colpito da un infarto e ricoverato all’ospedale Spaziani di Frosinone.
– 31 MAGGIO 2020: Guglielmo muore in una struttura di lunga degenza a Veroli, in provincia di Frosinone.
– 19 MARZO 2021: Dopo un primo rinvio prende il via il processo ai 5 imputati davanti alla Corte d’Assise. La prima udienza si celebra nel Tribunale di Cassino poi per problemi di spazio legati anche all’emergenza covid il procedimento si sposta in un’aula dell’università. Infine torna a svolgersi in Tribunale. Lunghissima la lista di testimoni, oltre 200.
– 4 LUGLIO 2022: Dopo oltre 50 udienze le pm chiedono le pene per gli imputati: 30 anni per l’ex maresciallo dei carabinieri Franco Mottola, 24 anni per il figlio Marco e 21 per la moglie Annamaria. Per il maresciallo dei carabinieri Vincenzo Quatrale la richiesta è di 15 anni e per l’appuntato dei carabinieri Francesco Suprano di 4 anni.