(Adnkronos) – (dall’inviata Elvira Terranova) – “Mi sembra un incubo. Ancora non riesco a realizzare quello che è successo. Quando sono stato svegliato dalla pioggia battente e mi sono affacciato alla finestra, in pochi minuti ho visto cadere giù mezza montagna. A poche decine di metri da casa mia…”. Giovanni Di Iorio ha 83 anni. E’ un uomo forte, ma quando la mente torna a quella mattina non riesce a trattenere le lacrime. Si tiene la testa con le mani e inizia a dondolare, mentre osserva il nipotino fare colazione. “Mi sembra un brutto sogno…”, continua a ripetere. Da sabato scorso è uno dei 290 sfollati di Casamicciola Terme. Insieme con la moglie Teresa e i suoi figli con le loro famiglie. Nove persone in tutto. La frana che si è staccata da Monte Epomeo ha quasi sfiorato la sua casa, in via Santa Barbara. Giovanni ha messo in salvo la moglie e le famiglie dei due figli, che abitano nella stessa palazzina. “Sono venuti a prenderci poco dopo le 7.30 con un mezzo della Protezione civile – racconta all’Adnkronos – E da allora siamo degli ‘sfollati’. Mia moglie odia questa parola. Non voleva neppure venire in albergo”. Il signor Di Iorio è ospite dell’Hotel Michelangelo, riaperto per l’occasione, per dare una mano agli abitanti di Casamicciola rimasti senza casa.
Ma cosa è accaduto quella mattina? Giovanni Di Iorio torna indietro con la memoria. Ci pensa su. Non sa se ha voglia di parlare. Poi ci pensa e dice: “Magari mi fa bene sfogarmi…”. E racconta: “Mi sono svegliato poco prima delle cinque per la forte pioggia – dice – Era una pioggia anomale, molto molto forte. Insolitamente forte. Batteva sui vetri in modo minaccioso. Ma non mi sono preoccupato più di tanto. Sono salito al primo piano e mi sono affacciato per vedere come era la situazione all’esterno. All’improvviso, mentre ero fuori, ho sentito una specie di tuono fortissimo, in lontananza, e tutto ha iniziato a tremare, le finestre, le porte, i lampadari. Ho guardato fuori e ho visto, a 20-30 metri da me, un fiume di fango e acqua che trascinava con se di tutto, alberi, detriti, muri, massi di cemento, tutto. Ho iniziato a urlare forte, fortissimo e ho fatto salire tutti i miei familiari al primo piano. Nel frattempo è andata anche via la luce”.
I Di Iorio si radunano, dunque, al primo piano, e si aiutano grazie alle torce dei telefoni cellulari e con una torcia trovata poco prima nello sgabuzzino. “L’acqua e il fango hanno iniziato a entrare dalle porte, dagli infissi – dice ancora Giovanni Di Iorio – Nel frattempo, mio figlio ha iniziato a chiedere aiuto via telefono, alla Protezione civile, al 112. Per dire che eravamo rimasti intrappolati in casa e se ci potevano venire a prendere al più presto”. Momenti di panico. Ma come si affrontano? “Con la calma – dice il signore Giovanni – Mia moglie Teresa ha iniziato a piangere per la paura. I bambini erano terrorizzati. Ma in quei momenti lì, serve qualcuno che stia tranquillo. Altrimenti è finita…”. L’unica via di fuga era un vecchio sentiero, ma c’era fango ovunque.
Il signor Di Iorio in quel momento ancora non sapeva che quella frana ha ucciso almeno otto persone, mentre altre quattro sono ancora imprigionate sotto metri di fango. “Nel frattempo albeggiava – racconta ancora l’ex marittimo, che per oltre 40 anni ha girato il mondo a bordo delle navi – e aspettavamo che la pioggia cessasse ma il cielo era grigio, quasi nero e non si vedeva nulla. O poco. I mezzi di soccorso non ci potevano raggiungere. Verso le 7.30 la Protezione civile ci è venuta a prendere con un mezzo e ci ha portati in piazza Maio. Lì ci è venuto a prendere mio fratello, che abita in un’altra zona e ci ha portato a casa sua. Il giorno dopo, con i miei figli e i miei nipoti siamo venuti in albergo. Ma mia moglie all’inizio non voleva, perché non accetta il fatto di essere considerata una ‘sfollata’. Poi mi ha raggiunta qui”. Il giorno dopo i Di Iorio sono tornati nella loro casa per prendere le cose più urgenti. Medicine, beni di prima necessità. Biancheria. “Ma io ho perso il mio cellulare – dice ancora l’ex marittimo – Chissà dove è finito…”.
Domenica hanno, dunque, spalato decine di metri di fango e detriti. “Così, se dovesse ripiovere forte l’acqua e il fango dovrebbero scivolare via e non entrare in casa. Almeno lo spero…”, dice. “Dobbiamo ringraziare la Protezione civile di Sorrento di Sant’Erasmo e i Vigili del fuoco perché senza il loro aiuto non ce l’avremmo mai fatta a spalare tutto quel fango, era ovunque”. Poi, mentre racconta, le lacrime sgorgano, contro la sua volontà. “Mi scusi – dice sottovoce – ma io ancora non ho realizzato pienamente. E ora che ne parlo per la prima volta, dopo sabato, mi rendo conto che fa tutto tanto male”.
Ma l’abitazione della famiglia Di Iorio è tra quelle abusive? “No, noi siamo nella zona cosiddetta bianca – spiega – L’ho costruita, con il sudore di tanti anni di lavoro lontano da casa, negli anni Settanta. Sono stato il primo a costruire nella zona di via Santa Barbara. Abbiamo avuto tutte le autorizzazioni”. Poi ammette che una parte della costruzione è stata aggiunta senza le regolari concessioni. “Ma nel 1985 abbiamo fatto la domanda di condono per avere ampliato parte della casa. Parlo di una piccola porzione. Tutto il resto è in regola”, spiega.
Sulla polemica montata nei giorni scorsi dopo le parole dell’ex sindaco di Casamicciola, Giuseppe Conte, che dice di avere inviato diverse mail in cui lanciava l’allarme in quella zona, Giovanni Di Iorio dice: “Noi sapevamo solo che c’era allerta meteo, ma ce ne sono di continuo. Come potevamo immaginare che si sarebbe staccato un pezzo di montagna?”. Ieri la commissaria straordinaria del piccolo Comune, viceprefetta Simonetta Calcaterra, ha detto di avere fatto due ordinanze e avere seguito l’iter previsto dalle norme. “Non ho saputo nulla – dice – ecco perché non eravamo minimamente preoccupati”. E ci tiene a dire una cosa: “Quella non è stata una semplice frana, ma una vera e propria bomba d’acqua. Mai visto niente di simile prima d’ora”.
Giovanni Di Iorio si dice anche “molto preoccupato” per il prossimo futuro. “Ci hanno detto che presto dovremo lasciare quest’albergo – spiega – ma dove andremo? Perché, purtroppo, temo che non potremo tornare più a casa”. Il volto si fa scuro. E un’altra lacrima viene giù. “Io ho 83 anni e non mi importa, la mia vita l’ho fatta. Ma i miei figli e i miei nipoti, dove andranno? Dove?… Mi tormenta soprattutto questo. Ho lavorato per più di quarant’anni sulle navi per costruire, con il sudore, quella casa, e ora non ho più niente. Cosa farò?”.
E’ proprio quello che si stanno chiedendo i 290 sfollati di Casamicciola. Intanto, oggi il tempo è peggiorato, pioviggina. E gli occhi di tutti sono puntati verso il cielo. Il terrore si legge sui loro volti. “Speriamo non accada ancora…”, dicono quasi pregando.