Spagna, chi è Sanchez: premier che gioca d’azzardo e vince scommesse impossibili

(Adnkronos) – “Può sembrare presuntuoso, ma mi rendo conto che nelle situazioni difficili raccolgo la sfida”. Torna a confermarsi vero il motto che Pedro Sanchez ha pubblicato nel suo ‘Manual de Resistencia’, nel giorno in cui il premier uscente – sconfitto di misura alle elezioni dello scorso luglio – riceve da re Felipe di nuovo l’incarico di formare il governo, dopo il tentativo fallito del leader popolare Alberto Nunez Feijoo, uscito dalle urne vincitore ma senza maggioranza.  

Come scriveva nel suo libro del 2019 – un anno dopo essere riuscito, con la prima mozione di sfiducia della storia della Spagna moderna, a spodestare il popolare Mariano Rajoy e diventare così premier – il 51enne leader socialista ha dimostrato più volte di saper giocare d’azzardo e vincere scommesse che apparivano impossibili. Anche quando, dopo la batosta elettorale alle amministrative dello scorso maggio, ha convocato per il 23 luglio – nel pieno di un’estate rovente e appena iniziata la presidenza spagnola della Ue – le elezioni anticipate, scommettendo contro i pronostici che lo danno per sconfitto.  

Alla fine i popolari hanno vinto di misura e soprattutto non si è avverata l’avanzata dell’estrema destra di Vox, alleato di governo in pectore dei popolari. Ora la palla passa di nuovo a Sanchez, che ha di fronte una strada in salita, visto che per ottenere la maggioranza ha bisogno dei voti degli indipendentisti catalani che, nelle trattive preliminari condotte nelle scorse settimane dalla leader di Sumar, e vice premier, Yolanda Diaz hanno posto le pesanti condizioni di amnistia e referendum. Il premier uscente ha fino il 27 novembre per formare il governo, altrimenti la Spagna tornerà al voto a metà gennaio.  

Nella sua carriera ‘Pedro El guapo’, Pedro il bello come viene chiamato in Spagna, ha dimostrato di saper scommettere contro tutto anche all’interno del Partito socialista che nel 2016 l’aveva defenestrato da leader perché si era rifiutato di appoggiare il ritorno in carica di Rajoy dopo le due elezioni che si erano concluse senza una maggioranza. Ma pochi mesi dopo, anche in quel caso contro tutti i pronostici, Sanchez vinceva le primarie del partito socialista e avviava il percorso che, in poco più di un anno, attraverso il sostegno di Podemos, l’avrebbe portato nel giugno del 2018 alla Moncloa, con una mossa che El Pais allora descriveva da “sopravvissuto inaspettato”. 

Vincitore delle elezioni del 2019, Sanchez in questi anni ha portato avanti un programma tutto orientato a sinistra – anche grazie alla spinta dell’alleato Podemos ora entrato nella coalizione di Sumar – con riforme delle leggi sul lavoro, l’aumento del salario minimo e i sussidi alle famiglie a basso reddito. Importanti anche le leggi per la tutela delle donne, in particolare la legge ‘solo sì es si’ (solo si’ significa sì) contro la violenza sessuale e i femminicidi, e la legge per la libera autodeterminazione di genere, la cosiddetta ‘Ley Trans’.  

E anche oggi, dopo aver ricevuto il nuovo incarico, ha promesso che uno dei pilastri del “governo di coalizione progressista” che intende formare sarà “il progresso sociale”.  

Dal punto di vista economico, Sanchez si era presentato alle urne con un’economia che cresce più della maggioranza degli altri partner, un’inflazione scesa al 2%, anche se, per contro, la disoccupazione rimane la più alta d’Europa, al 12,7%. E rivendicando un peso maggiore della Spagna “a livello internazionale ed europeo”, aiutato dal fatto che Sanchez poi gode di un prestigio internazionale superiore a quello di molti suoi predecessori, complice anche il fatto di essere il primo premier spagnolo ‘fluent’ in inglese.  

E se nella campagna elettorale popolari e Vox l’hanno accusato in tutti i modi di aver tradito i valori spagnoli, politica per cui hanno coniato il termine dispregiativo di ‘sanchismo’, per l’apertura agli indipendentisti catalani e nazionalisti baschi, Sanchez oggi ha rivendicato questa politica di riconciliazione tra “i popoli della Spagna”, che oggi, ha affermato, “è molto più unita di quanto lo fosse nel 2018”, dopo che il governo popolare reagì con il pugno di ferro al tentativo secessionista della Catalogna.  

Nato a Madrid nel 1972, Sanchez entra nel partito socialista nel 1993, dopo la laurea e dottorato ha lavorato al Parlamento Europeo e nel 1999 è stato capo dello staff dell’Alto rappresentante per la Bosnia ed Herzegovina durante la guerra in Kosovo. Eletto deputato nel 2009, nel 2011, perso il seggio, è tornato nel mondo accademico. Poi nel 2013 la nuova elezione in Parlamento e l’anno successivo la prima elezione a leader del Psoe. Dal 2006 è sposato con Begona Gomez e la coppia ha due figlie, Ainhoa e Carlota.  

 

(Adnkronos)