Strage di Erba, le tappe: il massacro, l’ergastolo di Rosa e Olindo, la revisione

(Adnkronos) – E’ l’11 dicembre 2006 quando i vigili del fuoco entrano, alle 20.29, nella palazzina del ghiaccio in via Diaz 25 a Erba, in provincia di Como, per domare le fiamme di un incendio e si trovano davanti a una macabra scoperta: quattro corpi senza vita e un solo sopravvissuto. Chi appicca il rogo lo fa proprio nel tentativo di nascondere le tracce del quadruplice omicidio. Nel loro appartamento, sotto i colpi di spranga e coltelli muoiono Raffaella Castagna, 30 anni, il figlio Youssef di soli 2 anni, la nonna del piccolo Paola Galli (57), nell’abitazione al piano superiore, dove prova a rifugiarsi, c’è il corpo senza vita della vicina di casa Valeria Cherubini (55). Si salva, per una malformazione alla carotide, il marito e ‘supertestimone’ Mario Frigerio. Una mattanza compiuta in una manciata di minuti, tra le 20 e le 20.25. 

Le indagini si concentrano su Azouz Marzouk, il compagno di Raffaella, ma viene rintracciato e scagionato: i tabulati telefonici dimostrano che è in Tunisia. Anche la pista di una vendetta legata allo spaccio di droga, che potrebbe coinvolgere lui e i suoi familiari, diventa un vicolo cielo. E’ il conflitto tra vicini e gli atteggiamenti sospetti dei coniugi Romano, Olindo e Rosa Bazzi, ad attirare subito dei dubbi. Non sono presenti nella corte dove soccorritori, carabinieri e curiosi si muovono quella sera e al loro arrivo, intorno alle 2.30, la donna – senza chiedere nulla su quanto accaduto – mostra uno scontrino del McDonald’s. Nell’abitazione la lavatrice è in funzione. Indizi e poi prove. Sul battitacco dell’auto il luminol evidenzia una traccia di sangue (contiene il profilo generico della Cherubini), mentre dal letto di ospedale Frigerio, dopo un iniziale disorientamento, riconosce nel vicino il suo aggressore.  

E’ l’8 gennaio del 2007 quando scatta il provvedimento di fermo e i due confessano, ritrattano in udienza preliminare. E’ Rosa ad assumersi l’intera responsabilità, poi il marito si aggiunge al racconto dettagliato del massacro. Una strage premeditata che in rapida sequenza vede cadere sotto i colpi Raffaella e la madre, è Rosa a infierire sul bambino, poi i coltelli colpiscono i vicini che, scendendo le scale, sorprendono i coniugi Romano mentre si chiudono alle spalle la porta dell’appartamento in fiamme. Con i giorni le confessioni diventano sempre più ampie, ripetute, scritte da Olindo anche sulla Bibbia, e si aggiungono al racconto del testimone e al possibile movente: l’udienza per lesioni e ingiurie che pochi giorni dopo avrebbe potuto costringere la coppia a un risarcimento di Raffaella. 

Anche la logica offre risposte: se gli assassini avessero usato il terrazzo di casa Castagna non si sarebbero scontrati con i coniugi Frigerio, mentre la presenza del sangue della Cherubini che si ‘ferma’ sull’ultima rampa di scale in uscita indica che chi era armato si è lavato all’interno della ‘palazzina del ghiaccio’. Verosimile il racconto del netturbino Olindo che sa in quali cassonetti buttare le armi e i vestiti sporchi di sangue, così come quello della maniaca della pulizia Rosa che sa come non lasciare traccia.  

Il processo di primo grado, che si apre davanti alla corte d’Assise di Como, si conclude il 26 novembre del 2008 con la condanna all’ergastolo della coppia. “Eccoli lì, sono loro due, quei due delinquenti li, li riconosco” le parole di Frigerio mentre testimonia a pochi passi dalla gabbia dove gli imputati assistono all’udienza. “Era proprio lui, aveva due occhi da assassino, aveva uno sguardo che non riuscirò mai a dimenticare…E’ inutile che mi guardi, disgraziato” dice senza mai abbassare lo sguardo. Un racconto che insieme a un quadro solido portano all’ergastolo.  

La sentenza è confermata dalla corte d’Assise d’Appello di Milano il 20 aprile del 2010. Il dibattimento, nonostante le richieste dei difensori, non viene riaperto: le confessioni sono ritenute genuine, i dettagli noti solo a chi ha davvero infierito sulle vittime, e le ritrattazioni vengono ritenute solo un cambio di strategia. La corte non dubita del riconoscimento fatto da Frigerio e della sua incredulità di trovarsi di fronte Olindo, così come della traccia netta di sangue sul battitacco dell’auto: l’impronta del piede dell’assassino. Inconcludenti le piste alternative: troppo generica l’indicazione sulla presenza nella corte di via Diaz di tre stranieri la sera della strage, la vendetta verso Azouz Marzouk avrebbe visto la malavita usare altre armi. 

L’ergastolo viene confermato anche in Cassazione il 3 maggio del 2011. Poco contano le domande sulle intercettazioni sollevate dalla difesa, i dubbi sulla genuinità del racconto del testimone oculare, l’intervento in ospedale di un carabiniere che con le sue domande potrebbe aver “inquinato” la memoria, l’ipotesi di contaminazione sulla macchia trovata sul battitacco o ancora le presunte pressioni a confessare in cambio di una cella ‘matrimoniale’. Tutti elementi che adesso, a quasi 18 anni dai fatti, tornano centrali per la corte d’Appello di Brescia a cui spetta ora la decisione sulla revisione. Due i possibili scenari: il rigetto immediato delle prove contenute nella richiesta di revisione con la conferma dell’ergastolo oppure l’accoglimento delle argomentazioni con l’ammissione dei testi delle liste presentate dalle parti e quindi solo dopo la decisione. In quest’ultimo caso potrebbe venire riconosciuta l’assenza di responsabilità, quindi il proscioglimento e la liberazione di Olindo e Rosa. 

(Adnkronos)