Ucraina, Biden e Meloni (presto) a Kiev: il peso delle visite a Zelensky

(Adnkronos) – Non è una coincidenza e neanche una sovrapposizione fortuita di agende. La visita a sopresa di oggi del presidente americano Joe Biden a Kiev e quella del premier Giorgia Meloni, che arriverà nelle prossime ore nella capitale dell’Ucraina per incontrare il presidente
Volodymyr Zelensky, sono un segnale netto rispetto al passaggio cruciale che stanno vivendo la guerra e, di conseguenza, le relazioni internazionali.
 

A un anno dall’invasione russa, c’è evidentemente un valore simbolico. ”Un anno dopo, Kiev è in piedi. E l’Ucraina sta in piedi. La democrazia resiste”, ha detto Biden. Ma c’è anche la volontà di dimostrare la massima attenzione e il massimo sostegno possibile del fronte occidentale, di fronte all’ipotesi sempre più probabile di un nuovo attacco su larga scala di Mosca. Una volontà che Zelensky ha subito codificato: è un ”segnale estremamente importante di sostegno per tutti gli ucraini” la visita del presidente americano Joseph Biden a Kiev.
 

Nelle stesse ore, il capo della diplomazia cinese, Wang Yi, è a Mosca per discutere con i russi della proposta cinese di un piano di pace annunciata alla conferenza di Monaco.
Non solo. Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha avvertito la Cina: se dovesse fornire armi letali alla Russia per sostenerla nella guerra in Ucraina avrebbe “un vero problema nelle relazioni con molti altri Paesi, non solo con gli Stati Uniti”. Il segnale che arriva, insieme, dagli Stati Uniti e dai principali paesi europei è in questo contesto rivolto non sono a Mosca ma anche a Pechino.  

Il conflitto in Ucraina, che in un anno ha prodotto morti e macerie ma ha di fatto cristallizzato le posizioni in uno scontro di posizione, può cambiare verso in base alla portata delle decisioni che saranno prese in questi giorni, sia sul fronte occidentale, sia su quello opposto, quello che intorno alla Russia può ricomporre, a geometria variabile, un’alleanza con la Cina, con la Corea del Nord, con l’Iran.  

Fare riferimento alle conseguenze per le relazioni tra Pechino e il resto del mondo vuol dire anche tirare dentro tutte le implicazioni economiche legate. Se Mosca sta subendo danni ingenti per le sanzioni occidentali, Pechino potrebbe trarre uno svantaggio consistente da una contrapposizione netta dei due blocchi che tagliasse le vie commerciali e finanziarie che servono ai prodotti e ai capitali cinesi. Un mondo che dovesse chiudersi ulteriormente, spaccandosi definitivamente a metà, produrrebbe conseguenze più ampie del solo epilogo del conflitto in Ucraina.  

In questo senso, le parole di Biden, in diversi tweet, mettono un punto fermo. ”Quando Putin ha lanciato questa invasione un anno fa, credeva che l’Ucraina fosse debole e l’Occidente diviso. Pensava di poter sopravvivere a noi, ma si sbagliava di grosso”. Ancora, “nell’ultimo anno gli Stati Uniti hanno costruito una coalizione di nazioni dall’Atlantico al Pacifico per aiutare a difendere l’Ucraina con un sostegno militare, economico e umanitario senza precedenti, e quel sostegno durerà”. 

E la visita di Giorgia Meloni servirà a ribadire con chiarezza la collocazione dell’Italia all’interno di questa coalizione. Dopo le polemiche per il messaggio di Zelensky a Sanremo, dopo le parole pro Putin di Silvio Berlusconi, e dopo le incomprensioni nella gestione dei rapporti con l’asse franco-tedesco, il premier italiano vedrà il presidente ucraino subito dopo l’incontro con Biden. E anche questo può avere un valore. Non solo simbolico. (di Fabio Insenga) 

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