Ucraina, in Svizzera la conferenza di pace. L’offerta di Putin

(Adnkronos) – Sono una novantina i leader e ministri di Paesi di Asia, Africa, Europa, Medio Oriente e America Latina che si riuniscono oggi e domani in Svizzera per la conferenza di pace per l’Ucraina organizzata dal governo della Confederazione. “Saranno due giorni di lavoro attivo con Paesi di tutte le parti del mondo, con nazioni diverse, ma unite dall’obiettivo comune di avvicinare una pace giusta e duratura in Ucraina”, ha detto via social il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aggiungendo: “Sono grato a tutti coloro che hanno scelto di partecipare e di dimostrare la leadership globale e l’impegno per la pace, il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite”.  

Tuttavia, la ‘conferenza di pace’ in terra elvetica parte azzoppata dal mancato invito alla Russia, uno dei due belligeranti, e soprattutto dall’assenza della Cina, che è un partner fondamentale per Mosca: senza i microchip cinesi l’apparato militare-industriale russo avrebbe molte più difficoltà ad alimentare la continuazione della guerra in Ucraina. Un’altra defezione pesante è arrivata ieri: quella del presidente brasiliano Inacio Lula da Silva, che notoriamente non nutre grande simpatia per Zelensky.  

Intanto ieri, alla vigilia della conferenza, il presidente russo Vladimir Putin ha chiesto all’Ucraina, in pratica, di arrendersi, ritirando le sue truppe dal sud e dall’est del Paese e di rinunciare ad aderire alla Nato. Per Putin, Kiev dovrebbe abbandonare le regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, malgrado la Russia non controlli interamente nessuna delle quattro. Richieste che Zelensky ha paragonato agli “ultimatum che Adolf Hitler lanciava ai Paesi che era prossimo a conquistare, respingendo l'”ultimatum”. Non esattamente uno scambio che faccia presagire una pace imminente. 

Già in passato, e più di una volta, il presidente russo ha prospettato l’ipotesi di arrivare a una soluzione negoziale. In realtà, Mosca ha sempre posto basi inaccettabili per l’Ucraina, a partire dalla rinuncia di Kiev ai propri territori. Ora, mentre Zelensky in Svizzera accoglie 90 leader per una conferenza sulla pace, Putin si riprende una parte del palcoscenico. La proposta di tregua diventa l’assist per ulteriori riflessioni e osservazioni di analisti ed esperti. L’Institute for the study of war (Isw), think tank americano che monitora l’andamento del conflitto iniziato a febbraio 2022, evidenzia che la proposta di Putin non può essere ritenuta credibile per una serie di motivi. 

I Paesi invitati al summit – che si tiene al Buergenstock, un resort con due hotel a cinque stelle, ristoranti e spa appollaiato sulle alture sopra Obbuergen, nel Canton Nidvaldo – sono stati circa 160, ma solo 92, secondo l’esecutivo elvetico, hanno detto di sì. Secondo le Q&A pubblicate dal governo svizzero, uno dei temi che verranno discussi è se Mosca potrà prendere parte o meno al processo di pace, cosa che dovrebbe essere scontata, essendo Mosca l’aggressore, e dunque un belligerante. La lista precisa dei Paesi presenti, incluso il livello a cui saranno rappresentati, sarà comunicata questa sera dal governo federale, ma si sa che dovrebbero essere intorno una novantina. All’inizio della settimana, in un briefing, il governo svizzero aveva detto che la metà sarebbe stata rappresentata a livello di capi di Stato e di governo, l’altra metà a livello di ministri; ora scrive che la “maggior parte” dovrebbe essere rappresentata a livello di capi di Stato e di governo.  

La conferenza del Buergenstock, luogo scelto perché può essere messo facilmente in sicurezza, pur essendo agevolmente raggiungibile (non questo weekend), arriva dopo che la guerra su larga scala in Ucraina è in corso da oltre due anni e poco dopo che i russi hanno scatenato, dal 10 maggio scorso, un’offensiva nell’oblast di Kharkiv, che tuttavia sembra aver perso slancio. La Russia, ha riconosciuto un alto ufficiale della Nato, ha compiuto qualche progresso nell’oblast di Kharkiv, ma con costi umani enormi: secondo la fonte, in maggio probabilmente le perdite russe sarebbero ammontate in media a circa “mille” uomini al giorno, un numero “astronomico”.  

In generale, la Russia mantiene un “vantaggio quantitativo” nei confronti dell’Ucraina in “munizioni e uomini”. Per ora, comunque, le mancano munizioni e unità di manovra in quantità sufficiente da poter compiere progressi “significativi”. E la ripresa delle forniture di armi da parte dell’Occidente, dopo che gli Usa e L’Ue sono riuscite a superare temporaneamente le proprie difficoltà politiche interne, ha fatto davvero “la differenza” sul campo. L’ufficiale, però, ha invitato a non farsi illusioni: la Nato si aspetta un intensificazione delle operazioni militari nelle prossime settimane, “specialmente a ridosso del summit di Washington”. In una guerra di attrito, la Russia mantiene un vantaggio naturale sull’Ucraina, essendo molto più grande e più popolata: non solo, può agevolmente bombardare gli impianti industriali ucraini, mentre Kiev ha molta più difficoltà a fare lo stesso con quelli russi. La fonte ha invitato a prepararsi per una “guerra lunga”. 

Per questo la Nato intende rendere strutturali gli aiuti militari a Kiev, per almeno 40 mld di euro l’anno. L’Italia, per bocca del ministro della Difesa Guido Crosetto, si è opposta, malgrado continui a inviare aiuti militari e stia preparando il nono pacchetto per Kiev. Il ministro ha fatto notare che già oggi, con il nuovo patto di stabilità, per il nostro Paese è “problematico” rispettare il target del 2% del Pil destinato alla difesa, che avrebbe dovuto raggiungere quest’anno, in base agli impegni presi nel 2014. “Non possiamo aggiungere altri obiettivi ambiziosi, anche perché non ho l’abitudine di prendere impegni che poi so di non poter rispettare”, ha aggiunto Crosetto, notando, non per la prima volta, che sarebbe il caso di coordinare le politiche Nato con quelle che si decidono a livello Ue, dove la riforma del patto di stabilità proposta dalla Commissione è stata notevolmente irrigidita per volontà della Germania. 

(Adnkronos)