Ucraina, Putin ‘paralizzato’ dopo Kursk: strategia o crisi?

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I vertici militari dell’Ucraina si aspettavano una reazione su vasta scala e feroce da Vladimir Putin dopo l’incursione a sorpresa nella regione russa di Kursk. Kiev aveva messo in preventivo un massiccio bombardamento con missili e droni, senza escludere l’utilizzo di un’arma nucleare tattica. Ma tutto questo ancora non si è verificato. 

I motivi, secondo l’editorialista di Politico Ue, Jamie Dettmer, possono essere diversi. Incompetenza militare dei russi – di cui si sono avute ampie prove dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina – decisioni tattiche o un tentativo di accumulare le forze necessarie per evitare di sguarnire il fronte intorno a Donetsk sono le ipotesi indicate dall’editorialista, che parla anche di una possibile “paralisi” decisionale che avrebbe colpito Vladimir Putin analogamente ad altri episodi critici che si sono verificati in passato. 

Secondo Dettmer, c’è anche la possibilità che l’uomo scelto da Putin per occuparsi della risposta all”affronto’ di Kursk, Alexei Dyumin, stia prendendo tempo per elaborare un piano. Soprannominato “la guardia del corpo di Putin” dai media occidentali, Dyumin è nato a Kursk e quindi conosce bene la regione. Non è uno sprovveduto. Diventato vice capo delle forze speciali della direzione dell’intelligence militare (Gru) ai tempi dell’annessione della Crimea, si dice che abbia orchestrato la fuga dell’ex presidente filo-russo dell’Ucraina Viktor Yanukovych.  

Inoltre ha ricoperto il ruolo di capo di Stato maggiore delle Forze di terra russe e di vice ministro della Difesa prima di diventare il governatore di Tula nel 2016. Trasferitosi al Cremlino all’inizio di quest’anno, è ritenuto tra i possibili successori di Putin. È considerato capace, spietato e freddo, come il suo capo. Ed è noto per essere metodico, una possibile spiegazione questa della lentezza della controffensiva russa. 

Tuttavia, secondo Dettmer, un’altra possibile spiegazione è che Putin sia ancora una volta rimasto paralizzato davanti a una crisi, scomparendo dalla scena pubblica. Una caratteristica che in precedenza gli ha attirato paragoni con Joseph Stalin, che si ritirò nella sua dacia quando le forze tedesche si fecero strada in Unione Sovietica nel 1941. 

Il parallelo è stato tracciato per la prima volta dai critici del presidente durante il Covid-19. Barricato nella sua tenuta di Novo-Ogaryovo alla periferia di Mosca, Putin è stato a lungo assente mentre la capitale lottava per frenare la diffusione del virus. Mark Galeotti, analista del Royal United Services Institute, ha notato la sua caratteristica di lasciare che “certe sfide serie diventino un problema di qualcun altro”. 

Il ‘modello’ di risposta è stato replicato da Putin quando disastri naturali o provocati dall’uomo hanno colpito il Paese. Nel 2000, era in vacanza nella sua residenza a Sochi quando il sottomarino nucleare Kursk affondò nel mare di Barents. Alla fine – sotto forti pressioni mediatiche – incontrò i parenti delle 118 vittime ma la riunione non andò bene. Nel 2018 fu di nuovo criticato per la sua lenta risposta a un enorme incendio in un centro commerciale nella città siberiana di Kemerovo, che causò almeno 64 morti, di cui 41 bambini.  

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