Variante Mu, Cauda: “Vaccinare tutto il mondo e fascia 5-12 anni”

La nuova variante Mu del Covid preoccupa ed è sotto osservazione, ma per cercare di arginare i contagi, è necessario ”cercare di lavorare su due aspetti, uno interno e uno internazionale”. Ne è convinto Roberto Cauda, direttore Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma, che parlando con l’Adnkronos spiega: ”In questo momento dobbiamo lavorare su più aspetti. Primo cercare di vaccinare quelli in cui la malattia decorre in forma più grave, gli over 50, poi vaccinare il più possibile tutti e quindi arrivare a quella quota che il generale Figliuolo ha indicato nell’80% e non fermarci, vaccinare ancora. Il terzo aspetto, quando saranno disponibili i vaccini per la fascia 5-12 anni e se saranno efficaci e sicuri come noi pensiamo, cercare di vaccinare la quota parte che manca all’appello. Infine cercare di vaccinare tutto il mondo. Non si è mai al sicuro se non si mette al sicuro tutto il mondo”. 

In particolare sui vaccini per la fascia 5-12 anni, Cauda aggiunge: ”Io penso che bisognerà approvarli”. ”La variante Mu non è ancora una variante di preoccupazione ma è una variante di interesse – spiega Cauda – Sappiamo che ci sono numerose varianti che circolano e la loro comparsa dipende dal fatto che il virus colpendo una platea elevata di soggetti può andare incontro a una serie di mutazioni. Noi sappiamo che la maggioranza delle mutazioni di questo virus sono indifferenti, non hanno un effetto né epidemiologico né clinico, ma ci sono alcune mutazioni, nella fattispecie la variante Mu, è una variante che presenta una serie di mutazioni già note più altre mutazioni, che sono mutazioni presenti sulla componente spike che possono determinare vantaggi dal punto di vista epidemiologico in termini di maggiore trasmissibilità e in termini di maggiore severità”.  

”Questa mutazione – aggiunge Cauda – è sorta in Colombia, che non è un paese che ha una percentuale di vaccinati tali da far pensare che possa esserci una qualche influenza della vaccinazione, e quindi non c’entra nulla con la pressione vaccinale. Il problema è che su questa variante non se ne sa molto. La percentuale è molto bassa, si diceva lo 0,1% dei casi globalmente osservati. E’ chiaro che in alcune aree è più presente e in altre meno, tutte queste varianti destano sempre preoccupazione anche se non la chiamiamo variante di preoccupazione perché abbiamo imparato a conoscerle”.  

”Tutto questo ci pone degli interrogativi bisogna cercare di completare al più presto la vaccinazione perché al momento i primi dati, che non sono ancora definitivi, sembrano indicare che anche contro questa variante i vaccini funzionano – spiega – Ovviamente sono dati del tutto preliminari ma la vaccinazione comunque serve perché protegge e previene ulteriori nuove varianti. Bisogna cercare di vaccinare tutto il mondo, non possiamo pensare che da questa pandemia si esca soltanto vaccinando l’Europa, il Nord America. Il patto di Roma credo sia stato molto importante, c’è stato un nuovo rinnovato impegno a fornire i vaccini alla popolazione generale del mondo”.  

”Stiamo parlando di terza dose, per carità va tutto bene, ma io penso che la messa in sicurezza del mondo consenta anche a noi di essere in sicurezza, altrimenti continueremo a fronteggiare il problema delle varianti – conclude il direttore di Malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma – Io credo che questa sia la morale che possiamo trarre da questa variante Mu e da altre varianti che sono comparse e che eventualmente compariranno. Non si è mai al sicuro se non si mette al sicuro tutto il mondo”. 

(Adnkronos)