Work life balance, a che punto sono le aziende in Italia?

(Adnkronos) – Cosa stanno facendo le aziende per sostenere il work life balance, e quali sono le prospettive future in tal senso? 

Se ne è parlato oggi, 11 luglio, durante il nuovo appuntamento Adnkronos Q&A ‘La cura delle persone’, presso il Palazzo dell’informazione di Roma, in occasione della Giornata mondiale della Popolazione. 

Il panel è stato aperto dall’intervento di Alessandra Bocca, employer branding, capability acquisition & development, diverity & inclusion manager di Mundys: “Parlo a nome di Alessandra, donna, mamma di due bambine e dipendente di un’azienda in cui sono molto felice di lavorare. Oggi Mundys non ha bisogno di slogan per dire quanto sia importante il work life balance. È qualcosa su cui lavoriamo ogni giorno per far entrare work life balance in una cultura più inclusiva, perché questo aspetto riguarda soprattutto le donne”, esordisce Bocca. 

“Sicuramente lavoriamo in un contesto non convenzionale: essendo una holding internazionale, ci troviamo a lavorare con più fusi orari diversi. Per questo abbiamo abolito completamente le timbrature, lavoriamo in autonomia e in totale fiducia, che è un elemento fondamentale quando si parla di work life balance e di disconnessione. 

In tal senso, “un altro punto importante è lo smart working. In Mundys abbiamo scelto insieme quale equilibrio instaurare tra lavoro in presenza e lavoro in smart working tramite una survey interna. La soluzione emersa è lavorare tre giorni a settimana in presenza e due in smart. Tra i commenti abbiamo rilevato che fosse richiesto non solo lo smart working ma anche una presenza all’interno degli uffici per cementare quelle relazioni umani che restano importanti per i dipendenti. 

Se ho bisogno di restare quattro giorni a casa perché non so a chi lasciare le mie figlie, posso farlo. Allo stesso modo posso decidere di andare quattro giorni consecutivi in sede. Fiducia, autonomia e buon senso sono le nostre parole chiave per il work life balance”, spiega. 

Un altro modo per sostenere il work life balance sono le reti di supporto. Penso a una delle nostre principali controllate ovvero Aeroporti di Roma che nel 2020 ha inaugurato un asilo nido aziendale a Fiumicino che può ospitare fino ai 60.000 bambini dai tre mesi ai tre anni ed è aperto dalle 8 alle 20. Immaginiamo che tipo di supporto possa essere per mamme che lavorano in una zona ovviamente decentrata e spesso e volentieri fanno lavori su turni”. 

“Sosteniamo il work life balance lavorando sulla crescita economica e sulla crescita delle donne in posizioni manageriale. Cerchiamo di rompete tetto di cristallo integrando la strategia di sostenibilità alla finanza. Lo abbiamo fatto con l’emissione del Sustainability-linked bond: i tassi di interesse legati al debito o al credito aumentano o diminuiscono al raggiungimento di alcuni obiettivi Esg, tra cui le donne in posizione manageriale. Ad oggi le donne che ricoprono posizioni manageriali nel gruppo Mundys sono circa il 31%. Nel 2027 vogliamo portare questo numero al 33% e nel 2030 al 35%. Entro quell’anno, inoltre, vorremo anche colmare del tutto il divario retributivo di genere”. 

Bocca illustra quindi un altro progetto con cui Mundys sostiene l’equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, tra lavoratori e persone. 

“Abbiamo lanciato il progetto ‘Ten days for’ grazie al quale i dipendenti della holding possono beneficiare di 10 giorni di volontariato, ovvero giorni di permessi retribuiti come se fosse una normale giornata di lavoro”. Bocca fa una riflessione: “Tutti noi facciamo zapping della nostra vita quando iniziamo la nostra giornata lavorativa. Ci siamo chiesti: come facciamo a portare quella parte più personale di noi al lavoro? La risposta è stata il volontariato aziendale che permette di sviluppare meta competenze che umanizzano l’azienda e sono alla base di tutte le competenze. 

“Quando c’è stata guerra in Ucraina – esemplifica – ci siamo chiesti come poter aiutare chi veniva in Italia e per questo abbiamo deciso di convertire un asset di Mundys, una villa, in un luogo dove accogliere i rifugiati. Qui i bambini potevano giocare e le donne potevano studiare la lingua italiana e continuare a lavorare de remoto per l’Ucraina, anche potendo accedere a servizi di sostegno psicologico. Rendendoci utili per loro sul campo – spiega ancora Bocca – abbiamo allenato l’empatia nel giocare con i bambini, ascoltando storie anche tristi e conoscendo una cultura diversa dalla nostra”. 

A seguire l’intervento di Ramón Palou de Comasema Sureda, Presidente e amministratore delegato di Merck Serono Spa: “Sono qui anche come padre di 4 figli, capisco che quella del work life balance è davvero una sfida importante. In Merck sappiamo che il miglior asset per noi non è il know how ma le persone. Dobbiamo capire come trovare l’equilibrio tra i due ruoli che ciascuno di noi ha: la vita personale e la carriera. 

Sotto il profilo dei problemi di fertilità, abbiamo cercato di capire come aiutare dipendente o collaboratore in un momento così difficile della sua vita familiare. Per rispondere a questa domanda, Merck ha realizzato una linea di auto psicologico non solo per i dipendenti ma per tutta la famiglia, in modo da trovare equilibrio in quel momento difficile della loro vita. 

“Penso che lo sforzo che noi facciamo per definire una carriera professionale sia molto individuale, tutti noi abbiamo un percorso molto specializzato in Merck. Abbiamo Merck University a livello globale, a cui Merck Italia partecipa in forma attiva con programmi di aiuti per dottorati in Italia. Il modo migliore per massimizzare i benefici del lavoro di ciascuno di noi è migliorare le competenze di ciascun dipendente. Questo passa anche dall’assicurare un programma di inclusione e di riqualificazione di base”. 

Sotto il profilo della parità di genere, non basta avere un buon tasso di occupazione femminile, spiega Palou. Occorre che, come nel caso dell’azienda da lui rappresentata, le donne ricoprano ruoli manageriali senza alcuna discriminazione rispetto agli uomini. 

“Un alto elemento di diversificazione è la diversa nazionalità: in Merck abbiamo dipendenti di 12 nazionalità diverse e questa è una grande ricchezza”. 

Il terzo e ultimo elemento di diversificazione individuato da Palou è quello generazionale: “Per questo abbiamo sviluppato il programma “future” il cui obiettivo non è solo attrarre nuove generazioni ma anche trovare la sinergia tra le diverse generazioni in modo da farle dialogare”. 

La parola passa quindi a Raffaella Madena, People & Communication Director di Ludbeck Italia “Sicuramente l’equilibrio vita personale-lavoro si basa su un processo molto dinamico che muta in continuazione”, esordisce Madena spiegando che: “Serve tanta energia e tenacia sia dalle aziende che dalle istituzioni e dalle persone soprattutto perché dalla pandemia in poi la vita personale è entrata in mondo molto massiccio nella vita professionale. Le organizzazioni devono tenere conto di questo aspetto perché una persona che sente di potersi esprimere al meglio è anche una persona che produce di più e in modo migliore”. 

“La cultura dei Paesi nordici ci insegna tante cose a partire dal focus della genitorialità. Nella nostra casa madre (Lundbeck nasce in Danimarca, ndr.) viviamo esempi concreti dove i papà hanno un ruolo fondamentale nelle famiglie. La nostra organizzazione è al 53% rappresentata da donne, nonostante le professionalità più frequenti sia quello di rappresentante del farmaco che richiede di spostarsi continuamente. Questo significa che è possibile integrare le donne anche in questo tipo di lavoro” se la cura della famiglia viene ben distribuita. 

“Sicuramente l’ascolto è un aspetto fondamentale che negli ultimi anni abbiamo potuto approfondire anche con l’occasione della certificazione di parità di genere da cui sono partiti diversi programmi. Uno riguarda l’intraprendenza della persona e la sua capacità di trasformare situazioni problematiche, come possono essere la genitorialità o il ruolo di caregiver, in esperienze positive attraverso la modalità di self coaching che tira fuori competenze costruttive per la persona e utili anche da un punto di vista lavorativo. Una piattaforma a cui hanno aderito con soddisfazione i nostri collaboratori”. 

Dall’ascolto sono emerse anche delle criticità, spiega Maderna: “Da migliorare è l’aspetto del counseling psicologico. Abbiamo notato che questo aspetto è molto delicato e merita di essere ancora più diffuso tra i nostri collaboratori. Sicuramente c’è da lavorare su questo tema”. 

Parola quindi Chiara Gnocchi, Head of Communication & Patient Engagement di Novartis Italia, intervenuta da remoto: “Più aziende lavorano nell’ottica di migliorare il work life balance, più riusciamo, insieme, a cambiare il sistema. Parto da una mia convinzione che ho ritrovato nell’azienda che rappresento: le aziende devono relazionarsi con i collaboratori non solo come professionisti ma come persone. Quando ampliamo il nostro raggio di attenzione alle nostre persone comprendiamo come il professionista a volte è un paziente, un caregiver, un neogenitore. In questo credo che le aziende oggi debbano mettere in pratica delle politiche per favorire un ambiente di lavoro dove le persone di sentano ispirate a dare il meglio di sé, a sperimentare, ad essere curiosi”. 

Un concetto che riprende quello espresso prima da Palou di Merck: “La valorizzazione delle persone è una condizione indispensabile non solo per la realizzazione individuale ma anche per la realizzazione collettiva. Le aziende devono ormai ragionare su questo aspetto: il loro lavoro ha un impatto diretto sulla società”. 

“Non possiamo guardare solo al presente – continua Gnocchi – dobbiamo anticipare dei trend: la cronicità: oggi il 22% della popolazione è over 65% nel 2050 diventerà oltre il 35%, quindi il nostro ruolo di caregiver diventerà importantissimo perché l’aspettativa di vita si allunga e sempre più; natalità: le aziende devono avere la responsabilità di porre in campo politiche pro natalità; nuove generazioni: dobbiamo capire che ci sono esigenze diverse, che le esigenze cambiano nel tempo. Se vogliamo garantire la massima realizzazione delle nostre persone dobbiamo tenere conto dei bisogni di oggi e del futuro. A tal proposito, sono totalmente d’accordo con Maderna sulla necessità dell’ascolto”. 

Un altro aspetto fondamentale per Gnocchi è intendersi sul concetto di gender equity, che per essere tale “non deve essere solo per le donne, ma anche per gli uomini. Nel 2023 in Novartis abbiamo azzerato il gender pay gap e dico con orgoglio che Novartis è azienda al femminile, ma non è solo un discorso numerico. Non basta mettere le donne nei ruoli manageriali, dobbiamo permettere alle donne di esprimere la loro diversità”. Per avvicinare uomini e donne e redistribuire i carichi familiari “Abbiamo riconosciuto congedo parentale facoltativo per tutti dal 30% all’80% di retribuzione. Per i neopapà abbiamo applicato una politica che permette di prendere 5 mesi di congedo retribuiti al 100% rispetto ai 10 giorni previsti oggi dalla legge. Questo per me è il vero gender equity”. 

Continua il panel Antonio Affinita, che, in qualità del presidente del Moige, guarda dall’esterno e simultaneamente cosa fanno le aziende e cosa fanno le istituzioni: “I genitori sono in sciopero”, esordisce laconicamente. “Uno sciopero silenzioso ma raccontato dai numeri, ormai siamo fanalino di coda a livello mondiale insieme al Giappone che però sta intervenendo con un piano molto forte di risorse per la natalità. Il primo punto, quindi, è aiutare le famiglie e i nuclei genitoriali. C’è un problema di discriminazione fiscale: la famiglia non viene vista come un gruppo che produce futuro. Il ponte più importante non è il ponte di Messina, ma i nostri figli. Per chi facciamo tutti gli sforzi che realizziamo se non ci saranno i nostri figli pronti a raccoglierne i frutti? 

Il problema principale è che la famiglia non viene vista come un’azienda che produce, genere ed educa il nostro futuro, ovvero i nostri figli. Finché tutte le spese che i genitori sostengono per i figli, tra i 10 e i 15 mila euro ogni, non vengono detratti dalla tassazione, aumenterà la povertà familiare, come dicono anche gli ultimi dati. Arriviamo al paradosso per cui alla famiglia povera viene sottratto un figliò che viene messo in una casa famiglia al costo di 70-150 euro al giorno. Houston, abbiamo un problema!”. 

Il Presidente del Moige approfondisce quindi la tassazione in Italia: “L’articolo 53 della nostra Costituzione prevede che la tassazione sia in base alla capacità contributiva – ricorda – e invece in Italia la tassazione è fatta in base alla capacità retributiva! Per questo è fondamentale la leva della tassazione per rilanciare la natalità, come abbiamo esposto anche nei nostri confronti con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti”. 

Infine, un plauso alle aziende: “Dico grazie a chi sta facendo tanto su questo tema che sono le aziende nell’ambito dei loro dipendenti e della responsabilità sociale di impresa. Un caso concreto che stiamo sviluppando punta a sostenere 500 genitori fragili che vengono affiancati per un anno da genitori esperti. Si tratta del progetto Generazione G che stiamo portando avanti insieme a Prénatal ed è una goccia che arricchisce la dinamica della genitorialità”. 

“Se consideriamo la famiglia come un asset centrale nelle politiche del lavoro, immettiamo nel sistema die batteri positivi che mirano al cambiamento. Io credo che la capacità di trasformazione delle aziende sia maggiore di quelle delle istituzioni. Se lanciamo insieme un programma di emergenza e di azioni, possiamo iniziare a dare una svolta a questo ponte fondamentale che sono i nostri figli”. 

Affinita quindi conclude: “Come Moige siamo vicini alle aziende offrendo una serie di attività di formazione e di coaching nell’abito di una progettualità di welfare aziendale e familiare. Lo stiamo facendo perché ci è arrivata come richiesta dai nostri stakeholder. Siamo tutti su uno stesso aereo e non possiamo sbagliare l’atterraggio”. 

Il panel si conclude quindi con Laura Bernini, responsabile del settore welfare pubblico e privato di Confcommercio: “Vogliamo che le imprese supportino le famiglie – spiega in prima battuta – Vogliamo che il work life balance sia sempre più strategico all’interno delle strategie aziendali e supportiamo le aziende in questo senso. Non si tratta solo di flessibilità orario, ma più in generale di costruire un insieme di servizi di welfare che siano tesi alla inclusività, al coinvolgimento e al benessere loro e delle loro famiglie”. 

Bernini passa quindi in rassegna alcune buone iniziative pro natalità e famiglia, evidenziandone anche i limiti strutturali: “In questo momento si sta concludendo la prima fase dei tavoli che riguarda l’Osservatorio sulle famiglie in cui si parla anche degli interventi che la Legge di bilancio e il Decreto coesione hanno sviluppato. Mi riferisco alla decontribuzione per lavoratrici madri, gli sgravi per l’assunzione delle donne, il potenziamento strutturale per gli asili nido, oltre che l’erogazione di bonus e interventi specifici sul welfare elevando il tetto fringe benefit non tassabili fino a 2.000 euro per le famiglie con figli a carico”. 

La nota negativa riguarda i tempi, spiega Bernini: “Come Confcommercio apprezziamo questi interventi ma sono interventi temporanei di un anno o poco più che non consentono alle famiglie di fare dei piani strutturali e a lungo termine per la natalità. Credo che una chiave sia la sinergia tra il welfare pubblico e quello privato per sviluppare compiutamente tutte le iniziative. Da questo punto di vista – ricorda Bernini – non posson non citare il rinnovo del Ccnl che va in questa direzione: garantire maggiore flessibilità nei congedi parentali, nei congedi per le donne vittime di violenza e potenziare la certificazione di parità per le donne”. 

“La previdenza complementare ha un ruolo importante per giovani e donne che hanno carriere discontinue. Altro punto interessante silver economy: è importante che i servizi presenti rispondano alle diverse fasce della popolazione e tengano conto dell’evoluzione demografica”. 

La responsabile del settore welfare pubblico e privato di Confcommercio conclude con qualche numero che fotografa il ruolo delle donne nel terziario: “In Italia abbiamo 1 milione e 200 mila imprenditrici di cui 800 mila appartengono al settore terziario. Sono mediamente più giovani e più istruite degli uomini in base alle analisi del nostro centro studi e come confermato anche da altre ricerche”. Numeri e specificità che la società non può più ignorare “In un quadro di questo tipo – conclude Bernini – vogliamo continuare a migliorare il quadre regolamentare delle nostre imprese, sempre tenendo conto delle differenze che le riguardano”. 

(Adnkronos)