(Adnkronos) – “Purtroppo, oggi nel rock è tutto annacquato, è tutto ‘politically correct’. Nessuno che ci va giù pesante, nessuno che prende una posizione”. È uno Zucchero carico e in grande forma quello che, dopo il primo dei tre concerti alla Royal Albert Hall di Londra che hanno dato il via al tour internazionale ‘Overdose D’Amore World Wild Tour’, che toccherà quasi 20 Paesi, parla a tutto tondo e – come di consueto – senza filtri.
“Non c’è più la ribellione che prima passava per il rock- spiega il bluesman emiliano all’Adnkronos -. Anche se forse oggi è stata sostituita da quella di qualche giovane rapper o trapper, che la esprime con un linguaggio diverso”. E tra i giovani artisti italiani che parlano questo nuovo linguaggio, qualcuno che gli piace decisamente c’è. “Salmo scrive testi in cui mi identifico – spiega Zucchero -. Dal vivo ha una band forte, ha un linguaggio che arriva e si espone. Mi piace moltissimo. Ma anche Marrakesh, Blanco”.
All’inizio di questo nuovo tour, l’energia di Zucchero sembra al top. La serata alla Royal Albert Hall di Londra – 5.500 poltrone, tutte occupate – trascina il pubblico: a sentire due ore e 40 di show ci sono molti italiani, ma anche molti inglesi, che gli urlano ‘Salutaci l’Italia!’, cantano a squarciagola. La scaletta è ormai collaudata (“Ci sono i picchi, le ballate, i mezzi tempi. Quando la dinamica funziona, perché cambiarla?”, osserva). Si parte con ‘Spirito nel buio’ e il bluesman accende subito gli animi. “I tempi che stiamo vivendo non sono bui, sono notte fonda -dice-. Io in questi momenti tendo a essere più solare possibile. Se ti lasci condizionare non va bene, l’umanità e già abbastanza depressa”.
La serata nel tempio della musica londinese è magica, la band collaudata, a partire dal fedelissimo direttore musicale e bassista Polo Jones fino alla vocalist Oma Jali con cui Zucchero regala al pubblico una versione di ‘Facile’ da brividi. Al posto del batterista Adriano Molinari, che ha dovuto subire un intervento d’urgenza, c’è Phil Mer, che l’ha sostituito in corsa per il debutto. Tra i brani c’è ‘Senza una donna’, e sul palco a cantarla con Zucchero Jack Savoretti.
“Una cosa nata in amicizia – spiega Zucchero -. Mi ha chiesto di aprire alcuni concerti del tour in Germania e ho detto di sì. Aiuto sempre i supporter, perché io avevo fatto lo stesso con Eric Clapton”. Il riferimento è alla prima volta che Zucchero ha calcato il palco della Royal Albert Hall: era infatti il 1990, quando l’artista aveva aperto i concerti di Eric Clapton, conosciuto qualche mese prima in Italia.
La voglia di stare sul palco è ancora tanta: “Vasco ha detto ‘morirò sul palco’? L’ho detto prima io! -scherza Zucchero- Io voglio fare musica dal vivo. I dischi mi piacciono, ma amo il live perché è cotto e mangiato. Vedi gente, giri il mondo, ti senti vivo. Sarà la parte più importante del mio proseguo. Certo, bisogna vedere come reggo, faccio in media 150 concerti a tour”. E sui colleghi che annunciano sempre più spesso addii dalle scene anticipati, non ha mezzi termini: “Come fai a dirlo con così tanto anticipo? Io se smetto smetto, il giorno dopo non mi vedi più – scandisce -. È un impegno che al momento non mi sento di prendere”.
Altri nomi che lo affiancheranno nel tour oltre a Savoretti ci saranno, ma “amo le sorprese e non mi piace annunciarli prima. Mi piacerebbe Mark Knopler, se fosse libero, così come Cat Stevens”, ammette Zucchero. Anche nelle cinque tappe italiane del l’Overdose World Wild Tour (che toccherà dal 23 giugno al 4 luglio Udine, Bologna, Messina, Pescara e Milano), annunciate come eventi speciali ciascuni diverso dall’altro, ci saranno degli ospiti, che però l’artista non rivela.
E sullo stato della musica nel nostro Paese, dice: “Dal punto di vista musicale e della proposta degli artisti l’Italia è in un momento che mi sembra favorevole. Non ci sono artisti svizzeri, francesi, olandesi, austriaci che hanno l’accesso a mercati come i Maneskin. Ce ne sono tanti, che hanno idee fresche”. Per finire, Zucchero rivela di stare lavorando a un disco nuovo, sul quale mantiene però il più stretto riserbo. “Sto preparando un disco, sì”, dice. Contratto dunque rinnovato con Universal? “Non potevano lasciarmi andare”.
“A Sanremo sono io che ho sempre detto che non so se ci andrei. Quest’anno l’ho visto a pezzettini… ma veramente ha straccato i maroni!”, dice ironizzando sul Festival. “Se ci andrei? Ma a far cosa? È l’unico Paese al mondo dove c’è ancora la gara come i cavalli da soma, c’è ancora chi vince e chi perde su delle canzoni – aggiunge il bluesman -. Io lo trovo allucinante, ma piace al popolo. Siamo rimasti ai tempi degli antichi romani”.
“In Russia? Io ci andavo volentieri a suonare” dice Zucchero. “I russi, fin dal tempo del mio concerto al Cremlino nel 1990, erano un popolo molto attento, che ama l’arte e la cultura. Ho sempre avuto da loro delle reazioni molto buone per il mio lavoro”. “Non ci siamo mai più andati, e anche se fossi invitato ora non ci andrei -aggiunge il bluesman- Ma lì si apre un discorso enorme, perché ora non andrei neanche da Netanyahu, e neanche da Trump. Il cerchio si restringe”.
Un protocollo sui testi violenti nella musica dei giovani rapper? “Non credo che uno come Guccini o De André o De Gregori sottoscriverebbe una roba del genere, e non lo sottoscriverei nemmeno io” sostiene Zucchero intervenendo sulla proposta del sottosegretario alla Cultura Gianmarco Mazzi di lavorare a un protocollo d’intesa contro i testi violenti della scena musicale rap e trap. “C’è qualcuno che a parole fra i politici è meno violento di uno che scrive testi? – conclude -. Solamente il fatto di vederli in televisione e già una violenza terribile”. (dall’inviata Ilaria Floris)