MANTOVA – Parole dure e cariche di sdegno da parte del segretario provinciale dello Spi Cgil di Mantova Carlo Falavigna a proposito delle vicende riguardanti le rsa mantovane, travolte dall’emergenza Covid. “Nelle case di riposo mantovane è in atto una vera e propria ecatombe con centinaia di contagiati e decessi. Le responsabilità sono evidenti e gridano “vendetta”. Una classe dirigente politica ed amministrativa che ha svuotato la sanità del suo ruolo pubblico dirottando ingenti risorse al privato, senza parlare della corruzione che ha pervaso questo modello, rammentiamo assessori alla sanità e presidente della Regione condannati per essersi appropriati di milioni di euro sottraendoli all’ammodernamento degli ospedali e dei centri di cura territoriali. Quindi, alla domanda, possiamo imputare tale disastro (depurato dalla straordinarietà dell’evento) alle guide che si sono succedute nella nostra Regione? La risposta è sì”.
“Il 28,11% dei casi di coronavirus registrati fino al 18 aprile, in provincia di Mantova riguarda ospiti delle Case di Riposo. – dice lo Spi Cgil – Questo si evince da un documento di fonte regionale in cui sono evidenziati i casi complessivi con specifica sugli ospiti delle Rsa. Secondo la Regione Lombardia su 2863 casi di contagio da Covid confermati al 18 aprile nel nostro territorio, 805 sono relativi ad ospiti delle Rsa del territorio. Un numero elevato se si considera che i posti letto nelle Rsa presenti in provincia sono 3483 ma i tamponi sono stati fatti sul 43% degli ospiti e il 47% dei dipendenti. Su 2.700 operatori (dato della sola Mantova) 173 sono risultati positivi. Quindi, teoricamente, il numero dei Covid positivi nelle Rsa mantovane potrebbe essere più alto. Ma, in una logica di confronto con le altre province lombarde, bisogna, prima di tutto, prendere in considerazione il tema dei tamponi processati. In queste ultime settimane sono stati eseguiti a tappeto nelle rsa mantovane. Sarebbe fondamentale, sapere quanti tamponi sono stati processati nelle diverse rsa presenti in ogni provincia lombarda. E scriviamo questo perché se confrontiamo il dato di Mantova con quello di altre province lombarde, vediamo che in provincia di Bergamo su 10629 casi complessivamente accertati, solo 173 sono stati registrati fra gli ospiti delle case di riposo, per una percentuale sul totale dell’1,62%. Sembra decisamente sottostimata rispetto a quanto sta succedendo nella provincia bergamasca. Probabilmente a Bergamo sono stati processati molti meno tamponi rispetto a Mantova. E lo stesso discorso può essere valido per altre province lombarde duramente colpite dal coronavirus come la provincia di Brescia – su 11758 casi, 1161 sono nelle Rsa (9,87%) – e anche per quella di Cremona su 5407 casi, 592 sono riconducibili a ospiti delle Rsa (9,83%)”.
“Alla domanda – spiega Falavigna -, all’oggi quanti sono i decessi causati dal Coronavirus, non vi sono dati certi, l’Ats non li fornisce, le Rsa non li forniscono, i Sindaci non riescono ad accedere a questi dati. Ho la netta impressione che nessuno sia in possesso di dati certi, non avendo fatto i tamponi a tutto il personale e a tutti gli ospiti. Non esiste un dato certo, nemmeno, di quanti siano stati i decessi ai domiciliari, perché non sono stati fatti i tamponi. Se dovessimo fare una stima molto approssimativa e in base a triangolazioni dei nostri dati potremmo asserire che siamo di fronte a centinaia e centinaia di decessi di persone anziane ricoverati in Rsa”.
Secondo la Cgil “Qualche indicazione si può estrarre, ma a livello regionale, dal terzo Report dell’Istituto Superiore di Sanità sul contagio Covid all’interno delle Rsa, aggiornato al 14 aprile. Questo studio evidenzia che sono oltre 6700 gli ospiti deceduti dal 1 febbraio al 14 aprile nelle case di riposo in tutta Italia, quasi la metà, oltre 3000, sono morti in Lombardia. Sottolineiamo, complessivamente e non tutti per Covid. Dei decessi complessivi, a livello nazionale, il 40,2% è riconducibile al Covid-19: diagnosi certa con tamponi in 364 casi, mentre in 2360 è presunta Covid per la presenza di sintomi riconducibili al virus. Questa percentuale di decessi con diagnosi certe o presunte di coronavirus sale al 53,4% (1625 persone) sul totale dei morti nelle rsa in Lombardia. Il 43,1% dei decessi in Lombardia si è verificato nel periodo compreso tra il 16 e il 31 marzo, mentre se spostiamo l’analisi a livello geografico, il Report Iss evidenzia che la provincia di Bergamo è quella con il più alto tasso di mortalità con 534 decessi, che significano un tasso di mortalità del 18,2%. La ricerca, va precisato, riguarda solo una parte del totale delle Rsa censite nel nostro Paese (3420 quelle incluse nel sito dell’Osservatorio Demenze dell’Iss e presenti nei siti delle Regioni). Hanno risposto al questionario 1082 strutture, pari al 33 per cento di quelle contattate: la grande maggioranza, 266, si trova in Lombardia”.
“Le Rsa in provincia di Mantova – prosegue Falavigna -, sono più di 50, quasi tutte di diritto privato, in questa fase hanno scontato ritardi strutturali evidenti. Infrastrutture non adeguate, personale non sufficientemente formato ad affrontare questo cataclisma. Va compreso che, a fronte dell’allungamento dell’aspettativa di vita, le strutture professionalmente non si sono adeguate, la media degli ospiti supera gli 80 anni, vengono inviati dalle famiglie quando diventa impraticabile tenerli al domicilio, se volessimo riassumere possiamo asserire che le Rsa sono divenuti dei piccoli ospedali, ma che non hanno la strumentazione, le professionalità necessarie e le risorse economiche derivanti anche dal blocco del trasferimento delle stesse dalla Regione”.
Quando è esplosa l’emergenza coronavirus, molte delle case di riposo del territorio sono state travolte: “Nella prima fase dell’epidemia – prosegue Falavigna – hanno affrontato la situazione senza dispositivi di protezione individuale, hanno chiuso le porte ai famigliari ma oramai il virus era già entrato, colpendo il personale e di conseguenza gli ospiti. È stata ed è una vera e propria ecatombe”.