MANTOVA – “Il maxi-decreto cosiddetto ‘Cura Italia’ rischia di essere una medicina riservata alle famiglie e solo un farmaco palliativo per le imprese. Certo, si tratta di un primo passo ma serve fare di più, aziende e professionisti sono sull’orlo del baratro”. Sono le parole del presidente di Confcommercio Mantova Ercole Montanari a commento del decreto legge “salva economia”, in attesa della pubblicazione ufficiale.
“Bene il rinvio della scadenza dei versamenti fiscali e contributivi al 31 maggio, ma servono interventi strutturali che coinvolgano la generalità dei contribuenti, altrimenti la crisi di liquidità delle aziende verrà solo rinviata di qualche tempo e per alcuni, addirittura aggravata”, continua il presidente. Moltissime attività, infatti, sono chiuse da settimane con incassi a zero e c’è l’eventualità concreta che le misure restrittive vengano prorogate.
“Serve un piano straordinario e generalizzato di proroghe e rateizzazioni a medio-lungo termine che consenta alle imprese di rialzarsi, altrimenti in molti dovranno chiudere per sempre”, continua Montanari. Sul versante dell’accesso al credito e del sostegno della liquidità, l’associazione apprezza la moratoria sui prestiti bancari fino a settembre 2020 e il potenziamento delle disponibilità del Fondo centrale di garanzia, “ma occorre snellire le lunghe e macchinose pratiche burocratiche oggi necessarie per chiedere agli istituti bancari la sospensione delle rate, e deve essere dato particolare impulso all’erogazione di nuovo credito”.
Il decreto introduce inoltre un credito d’imposta sulle locazioni commerciali nella misura del 60% nel solo mese di marzo. Il pensiero di Confcommercio: “Una misura troppo modesta, anche perché è presumibile che molti esercizi, costretti alla sospensione e in crisi di liquidità, faranno fatica ad onorare l’affitto questo mese. Serve un intervento più strutturato che permetta di rinviare il pagamento del canone senza rischiare lo sfratto”.
Confcommercio giudica infine troppo limitata l’indennità in favore di lavoratori autonomi e professionisti, prevista come “una tantum” nella misura di 600 euro per il mese di marzo e di cui è stata annunciata la riproposizione per il mese di aprile. Sul fronte del turismo, l’associazione apprezza la norma sui voucher, che “realizza un giusto equilibrio tra gli interessi dei clienti e quelli degli alberghi, che in questo momento di crisi di liquidità non avrebbero potuto far fronte alle richieste di restituzione delle caparre”. Agli ospiti che avevano già acquistato la vacanza e dovranno cambiare il proprio programma, albergatori e titolari di strutture ricettive offriranno un voucher di pari valore, che potrà essere utilizzato nell’arco dei prossimi dodici mesi.
“Mancano però all’appello due misure importanti, che erano state preannunciate – precisa Montanari – una forma di ristoro per le aziende danneggiate dalla crisi e un incentivo agli italiani che effettuano le vacanze in Italia. Si tratta di passaggi fondamentali per consentire al sistema di fronteggiare una situazione drammatica e per iniziare a programmare il ritorno alla normalità, facendo leva sulla clientela italiana, che storicamente costituisce il primo bacino di riferimento del turismo mantovano e italiano”.
Quanto alla tenuta dell’occupazione, risulta confermata l’apertura universalistica degli strumenti di cassa integrazione e del fondo di integrazione salariale ma “è necessario semplificare le procedure e rendere l’accesso e l’attivazione di tali strumenti tempestivi”.
Sulla situazione in cui versano le imprese mantovane del commercio, turismo, servizi e professioni, Confcommercio rende noti i risultati di un’indagine condotta insieme a Confiditer, il braccio operativo per il credito: la maggior parte delle aziende intervistate ha chiesto alla propria banca, o è in procinto di farlo, nuove linee di credito, il differimento del pagamento dei fornitori e del canone di locazione per gli imprenditori in affitto. Ma non tutte le richieste sono state accettate. Per quanto riguarda la solidità economica e finanziaria delle imprese, per la maggior parte degli intervistati il grado di autonomia, a queste condizioni, varia da due settimane ad un mese: pochissime le attività che possono sperare di rimanere sul mercato oltre le 4 settimane. Nella gestione dei dipendenti, molti intervistati sono ricorsi all’utilizzo delle ferie, subito seguite dalla cassa integrazione in deroga. Ma c’è anche chi deve ricorrere ai licenziamenti.