GONZAGA – Erano formalmente irregolari i presunti responsabili della morte di Harpal Singh, l’autotrasportatore 59enne di origini indiane residente a Gonzaga. Entrambi pakistani, un 22enne e un 30enne, i due vivevano a Prato, dove è avvenuto l’omicidio. Uno era clandestino, irregolare da tempo in Italia, mentre l’altro aveva avviato la procedura per ottenere il permesso di soggiorno. I due, rinchiusi nel carcere di Torino in attesa della convalida, non parlano, anche se le indagini dei carabinieri stanno facendo luce, ora dopo ora, sui contorni della vicenda.
E’ noto che i due conoscessero da tempo Singh, che commerciava abiti da Prato alla Germania ed era benvoluto da tutti: Harpal si fidava di loro, che l’hanno ucciso per poche migliaia di euro. L’hanno colpito con freddezza, a tradimento, prima che scendesse dal furgone. Singh, pur ferito, è sceso dal mezzo, facendo il giro per cercare il cellulare (che era stato sottratto dai due, assieme alle chiavi, per impedirgli di chiedere aiuto). Allo stremo delle forze, Harpal Singh si è poi accasciato, morendo nel giro di mezz’ora, per le gravi ferite inferte, sull’asfalto di via Torricelli, nella zona industriale di Seano, come testimonierebbe il video che ha ripreso i due giovani di origine pakistana, compiere l’efferato crimine e che ha permesso agli inquirenti una rapida svolta nel caso. A quanto sembra, nel furgone c’era un altro cellulare d’emergenza, ma il 59enne non è riuscito a trovarlo in tempo, prima di perdere i sensi.
Fondamentale nella risoluzione del caso anche il fatto che il figlio abbia subito riconosciuto, nei video di sorveglianza, i due collaboratori trasformatisi in assassini, ma anche la collaborazione della comunità pakistana: aiuti fondamentali per prendere i due in poche ore sul treno per Torino, prima che riuscissero ad espatriare.