Una preoccupante fuga del personale sanitario è in corso da anni. E’ quella che emerge dai dati di Anaao-Assomed Lombardia, il sindacato dei medici e della dirigenza sanitaria più rappresentativo a livello nazionale, che ha analizzato i numeri riguardanti l’abbandono del Servizio sanitario regionale lombardo da parte dei camici bianchi pubblici.
E’ stato così scoperto che dal 2010 al 2020, fatta eccezione per numeri più contenuti nel 2013, la curva si è impennata arrivando fino a circa 500 medici che hanno abbandonato gli ospedali pubblici.
Il grafico di Anaao evidenzia un’impennata di abbandoni: si è passati da quasi 100 casi del 2013 ai 493 del 2020, contro i 477 del 2019, i 481 del 2018, i 339 del 2017 e i 238 del 2016.
I dati di partenza dello studio si basano sul Conto Annuale del Ministero dell’Economia e delle Finanze e sono aggiornati al 2020 e non prendono in considerazione i professionisti in pensionamento – non è quindi contemplato l’effetto della pandemia su questo tema anche se, le previsioni del Sindacato, optano per uno spiacevole incremento di questo fenomeno. Lo scopo dello studio è di approfondire la situazione complessiva a livello regionale, così come quella delle singole Asst e Irccs pubbliche. L’analisi è iniziata nel 2016, partendo dalla riforma Maroni che ha ridisegnato i perimetri delle aziende, rendendo quindi differenti anche le dotazioni organiche.
Per quanto riguarda l’Asst Mantova nel solo 2020 ci sono state 33 dimissioni, il secondo numero più alto tra quello delle 31 aziende sanitarie lombarde, preceduto solo dall’Asst Valle Olona, in provincia di Varese, con 43. Considerando gli anni dal 2016 al 2020 i medici che hanno lasciato l’Asst Mantova sono stati 111.
In Lombardia, nel 2009, i direttori di Struttura complessa erano 1.234 mentre nel 2019 solo 967 (il 21% in meno). Calati drasticamente anche per i responsabili di Struttura semplice:nel 2009 erano 2.280, e 10 anni dopo il 23,3% in meno, 1.751
“Le cause principali sono individuabili nei tagli al personale e alla carenza di specialisti che hanno portato a una riduzione dei costi ma dall’altra parte hanno creato in corsia una situazione di stress sempre più forte, tale da indurre molti medici a licenziarsi. C’è anche da considerare l’aumento della presenza femminile tra il personale, la quale si trova a dover affrontare un sistema a turni e orari disagevole soprattutto per coloro che hanno una famiglia a carico. Poi c’è la burocrazia sempre più pesante, l’assenza di autonomia decisionale e una soffocata premiazione della professionalità, oltre a un pericoloso incremento del rischio di denunce legali e aggressioni, come uno spegnimento progressivo delle ambizioni di carriera” spiegano da Anao-Assomed.
Il sindacato evidenzia anche che “le scelte più note sono verso la medicina generale, il privato o la libera professione. In ogni caso sono scelte dettate dal malessere nel proseguire il rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione”.
La situazione dunque è molto critica: “Alla politica le soluzioni: valorizzazione delle carriere, benessere organizzativo, leadership e management attenti al capitale umano, che è la risorsa più preziosa del Servizio Sanitario Regionale. Per il momento la risposta è sostanzialmente il silenzio.”