Mani pulite, l’avvocato di Mario Chiesa: ‘I soldi nel water? Non è andata così, la corruzione non è nata quel giorno’

(Adnkronos) – Tangentopoli è stata “un’inchiesta nata con i migliori auspici, che però scappò di mano ai giudici, ai media e a tutti i protagonisti. E se viene associata al momento in cui è stata scoperta la corruzione del sistema politico, allora si può dire che come inchiesta non è mai esistita”. L’avvocato Stefano Banfi è il legale di Mario Chiesa. A 30 anni dall’arresto dell’ex presidente del Pio Albergo Trivulzio sollecita uno sguardo diverso su Tangentopoli. “Per Chiesa il diritto all’oblio non può esistere”, dice all’Adnkronos tornando al più famoso episodio di Mani Pulite, quello del ‘mariuolo’ che getta i soldi della tangente nel water una volta ‘pizzicato’ dagli investigatori: “Non è andata così”.  

Chiesa da tempo ha scelto di non intervenire più nel dibattito su Tangentopoli. Di recente, proprio con il suo legale, aveva deciso di ricorrere contro ‘1992’, la serie di Sky su quegli anni. Banfi premette: “Chiesa ha patteggiato, ha ammesso anche cose non gli vennero contestate. Non posso dire che è innocente; devo però ricordare che ha restituito 6 miliardi, più altri miliardi alle parti civili”. Detto questo, avvocato, riavvolgiamo il nastro e andiamo al 17 febbraio del ’92: “Chiesa che viene colto mentre getta nel water la tangente da 37milioni. Non è vero”, sottolinea. Ci spieghi come è andata davvero quel pomeriggio: “I verbali di sequestro di quel giorno attestano solo 7 milioni -racconta Banfi-. Sono quelli messi in una busta, nel cassetto della scrivania, con le banconote segnate che portano all’arresto. Ma Chiesa percepì anche la tangente da 37 milioni, che mise in una borsa in una stanza attigua. Solo durante il primo interrogatorio, il 23 marzo, Chiesa decise di collaborare. Si aprì, raccontò. E ammise testualmente (Banfi a questo punto legge i verbali con le parole di Chiesa, ndr): ‘L’ultima volta in cui ricevetti una somma risale a due, tre ore prima dell’intervento dei Carabinieri, quando (omissis) mi diede la somma di 37 milioni. Somma, contenuta in una busta, che non fu rinvenuta nella perquisizione…si trovava in una borsa che fu da me svuotata e il contenuto…gettato nel bagno, ove mi recai più volte nel corso della perquisizione'”.  

Ma perchè, invece, divenne di pubblico dominio il fatto che Chiesa quel giorno venne fermato mentre buttava i 37 milioni? “Chiesa si autoaccusa di quella tangente. Se si chiede a Di Pietro, ‘avete visto Chiesa gettare quei soldi?’, può rispondere che a verbale quell’episodio c’è. Quella ricostruzione andava bene a tutti. Chiesa ammise e Di Pietro accettò senza alcuna ulteriore attività investigativa”, dice l’avvocato.  

(Adnkronos) – Ma perchè oggi, dopo 30 anni, è così importante tornare su quel singolo particolare? “Quella immagine, Chiesa colto in flagranza mentre butta i soldi, dà un senso di disvalore che non c’era e non c’è nella realtà -spiega Banfi-. Su questo noi ci battiamo. Lui effettua quelle dichiarazioni a verbale al solo fine di evitare il sequestro della somma. Chiesa era una persona che, come moltissimi esponenti di tutti i partiti, compreso il Pci, prendeva la tangenti, è vero. Si tratta di una sfumatura, sì, ma c’è”. 

Quindi, è una questione di riabilitazione, pur parziale, dell’immagine di Chiesa? “E’ venuto il tempo che il tribunale della storia faccia il suo corso. Chiesa ha commesso fatti illeciti ma per lui il diritto all’oblio non può esistere e questo è legato a qualcosa che non è mai esistito. Ma non è solo questo”, precisa Banfi.  

Cioè? “L’episodio di Chiesa identifica un contesto che sembra calato dall’alto, come se nessuno fosse a conoscenza di nulla. Ma prima di lui altri hanno commesso fatti illeciti in maniera forse più grave e di questi non siamo in grado nemmeno di ricordare i cognomi -prosegue il legale-. Il punto è che Tangentopoli è iniziata il giorno dopo che è stata votata l’amnistia per tutti i reati prima del ’90, un colpo di spugna su tutti i fatti di corruzione e concussione per i partiti”. 

(Adnkronos) – Banfi dice ancora: “Prima del ’92 vi sono episodi di corruzione che eccedono di tre, cinque o dieci volte quello che sarà lo scandalo più eclatante di Mani Pulite (‘la madre di tutte le tangenti’, la tangente Enimont). Basti ricordare alle lotte per il controllo della chimica, del caso Rovelli, al caso Sindona e quello dell’Iri. Quando Di Pietro arresta Chiesa, sa già tutto. Ci sono intercettazioni del ’91 dove già si parla dei conti Levissima e Fiuggi. Quella amnistia ha messo sotto il tappeto il problema e ha generato un effetto perverso, quello per cui la corruzione nasce il 17 febbraio del ’92 con Chiesa che butta i soldi nel water. Tutto questo non è vero”. 

Ma cosa cambia puntualizzare tutto questo per il merito dei fatti accertati dalla magistratura? “Nessuno nega che quella inchiesta sia nata con le migliori intenzioni e per punire fatti illeciti oggettivamente commessi –spiega Banfi-. Ma se si voleva azzerare il fenomeno corruttivo e concussivo, dopo 30 anni si può affermare che certe cose non si riescono a sconfiggere con l’azione giudiziaria. Allora non si volle affrontare il problema dal punto di vista sostanziale della questione morale e del finanziamento ai partiti. La verità è che bisognava cercare una soluzione insieme alla politica per risolvere un problema che era ed è endemico”.  

Cosa prova oggi Chiesa, dopo 30 anni? “Lui si sente uno strumento. Al posto su poteva esserci Mario Rossi, Mario Bianchi. E’ stato come se mancasse un ingranaggio capace di far funzionare tutto e, improvvisamente, te lo trovi lì, pronto”.  

 

 

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